giovedì 12 novembre 2015

La Stampa 12.11.15
Monte Scassino
di Massimo Gramellini


L’ex abate di Montecassino, dicesi l’ex abate di Montecassino, è accusato di avere dirottato almeno cinquecentomila euro dalle tasche dei fedeli alle proprie. I soldi della carità si disperdevano nei conti correnti di suo fratello per poi convergere miracolosamente in un fondo a disposizione del sant’uomo. Una gigantesca presa per il culto. Sarà pure vero che l’abito non fa il monaco, però qui non fa più neanche l’abate. Si è travolti da un senso di smarrimento nell’accorgersi che a fare sparire le galline dal pollaio non sono più le volpi ma i guardiani. Succede nella macchina dello Stato e adesso persino nei luoghi in cui Benedetto da Norcia dettò la regola «ora et labora» (che l’abate Vittorelli ha liberamente tradotto «ora si lavora per me») e dove un tempo ad assediare l’abbazia erano gli Alleati contro i nazisti mentre oggi sono i credenti, turlupinati al punto da passare per creduloni. Nel 2013 l’abate manolesta fu indotto alle dimissioni da un provvidenziale problema di cuore e al suo successore vennero sfilati i poteri sulle finanze del monastero. Segno che qualcuno dentro la Chiesa sapeva, ma che come al solito preferì soffocare lo scandalo nella speranza che non scoppiasse.
Ci lamentiamo da anni di una classe politica impresentabile. Però tra pedofili, ladri, crapuloni e venditori di indulgenze, non è che quella ecclesiastica se la passi molto meglio. Con buona pace dei tanti preti perbene che ogni giorno mandano avanti la baracca, questa Chiesa, che papa Francesco vorrebbe inquieta, ai piani alti si sta rivelando inquietante.