Il Sole Domenica 15.11.15
Francisco Franco (1892 -1975)
Potere e terrore del Caudillo
di Emilio Gentile
«Dio mio, quanto è duro morire», disse il generalissimo Francisco Franco, capo dello Stato spagnolo, poche settimane prima della morte, avvenuta il 20 novembre 1975. Avrebbe compiuto 83 anni il 4 dicembre. L’agonia fu lunga. Il suo corpo senza coscienza fu tenuto in vita da macchine. Era un espediente per preparare la successione all’uomo che aveva governato la Spagna con un regime autoritario per quasi quaranta anni, dopo aver vinto nel 1939 una feroce guerra civile, da lui stesso iniziata nel 1936 con altri generali contro il legittimo governo della repubblica instaurata nel 1931. Dagl’insorti Franco era stato proclamato capo dello Stato con pieni poteri:e tale rimase, con l’appellativo di «Caudillo (duce) per grazia di Dio», fino al giorno della morte.
La mattina del 20 novembre, alla televisione, il presidente del governo piangendo lesse il testamento di Franco al popolo spagnolo. Il Caudillo dichiarava di essere pronto a comparire davanti all’ «inappellabile giudizio di Dio», morendo come era vissuto da «figlio fedele della Chiesa». A tutti chiedeva perdono, come perdonava «quanti si erano dichiarati suoi nemici, pur non avendoli mai considerati tali», perché «non ho avuto altri nemici se non i nemici della Spagna»; ma avvertì gli spagnoli che «i nemici della Spagna e della civiltà cristiana sono sempre all’erta», e li esortò «a mantenere unita la terra di Spagna, esaltando la ricca molteplicità delle sue regioni come fonte di forza per l’unità della patria».
L’identificazione della sua persona col destino della Spagna, la guerra contro i suoi oppositori politici come nemici della nazione e della civiltà cristiana, l’inflessibile salvaguardia dell’unità statale contro il separatismo di baschi, catalani o galiziani: erano questi gli argomenti con i quali Franco impose il suo potere personale, paragonabile nella storia della Spagna solo alla monarchia assoluta di Filippo.
Intellettualmente mediocre ma molto ambizioso, astuto, opportunista, Franco si considerò sempre inviato da Dio per salvare la Spagna dal comunismo e dalla democrazia laica. Combatté la guerra civile come una crociata contro i nemici della nazione e della religione. La Chiesa fu un pilastro fondamentale del regime franchista e partecipò alla glorificazione del Caudillo come uomo della Provvidenza; in cambio, ottenne da Franco il controllo sull’istruzione e sulla moralità degli spagnoli. Il nazionalcattolicesimo reazionario fu l’ideologia del franchismo.
Franco aveva vinto la guerra civile con l’aiuto di Mussolini e di Hitler. Li univano l’odio per il comunismo, il disprezzo per la democrazia, la repressione terroristica delle opposizioni. Dopo la vittoria, furono migliaia le esecuzioni capitali inflitte ai difensori della repubblica, e oltre 250mila gli antifranchisti detenuti in carcere e in campo di concentramento. Il regime di Franco si definì totalitario. Dal modello fascista prese il partito unico, lo stile paramilitare, i riti, la sacralizzazione del Capo con adunate oceaniche per adorarlo. Tuttavia, mentre il fascismo aveva un impulso rivoluzionario, il franchismo rimase conservatore e tradizionalista. Pur aspirando a conquiste imperiali, il Caudillo non partecipò alla Seconda guerra mondiale a fianco di Mussolini e Hitler: evitò così d’esser essere travolto nella loro fine. La vittoria delle potenze antifasciste condannò la Spagna all’isolamento, ma Franco, dopo aver ripudiato il fascismo e cancellato “totalitario” dalla definizione del suo regime, approfittò abilmente della Guerra Fredda per offrirsi agli Stati Uniti come alleato contro il comunismo: nel 1953, gli accordi militari con gli americani e il Concordato con la Santa Sede posero fine all’ostracismo internazionale; nel 1955 la Spagna fu ammessa all’Onu. Pio XII conferì a Franco «nostro diletto figlio» il Supremo ordine di Cristo, la più alta onorificenza vaticana. Nel 1959 il Caudillo accolse a Madrid il presidente Eisenhower.
La fine dell’isolamento favorì in Spagna, fra il 1957 e il 1970, uno straordinario sviluppo economico. Dopo un ventennio di corporativismo autarchico, che aveva aggravato la povertà del Paese arretrato e sconvolto dalla guerra civile, il Caudillo accettò le riforme proposte da nuovi tecnocrati, che realizzarono l’industrializzazione con un miglioramento delle condizioni di vita. Franco, che voleva per gli spagnoli prosperità senza libertà, attribuì il “miracolo economico” alla Provvidenza che lo manteneva a capo della Spagna, e continuò a imporre il centralismo autoritario e il cattolicesimo tradizionalista, denunciando continuamente un complotto internazionale di comunisti, democratici e massoni per scatenare una nuova guerra civile. Invece, il “miracolo economico” provocò profondi mutamenti sociali e la nascita di una società civile ribelle al franchismo. Studenti universitari e lavoratori si mobilitarono con agitazioni e scioperi, repressi con violenza. Anche la Chiesa del Concilio Vaticano II prese le distanze dal Caudillo e protestò contro la repressione. Al terrorismo di Stato, i nazionalisti baschi reagirono con il terrorismo dell’Eta, che nel dicembre 1973 uccise il presidente del governo Carrero Blanco, dimostrando che il regime era vulnerabile.
Quando iniziò l’agonia di Franco, l’invecchiamento e la decadenza mentale del Caudillo, le rivalità fra gli aspiranti alla successione e la fine del “miracolo economico” avevano già messo in crisi il regime, mentre le proteste internazionali per la pena capitale inflitta agli oppositori politici lo ricacciarono nell’isolamento. Tuttavia, mai Franco accettò di aprire alla democrazia, perché la odiava come il comunismo. Nel 1969 aveva nominato a succedergli Juan Carlos di Borbone, designato re con l’impegno di mantenere il regime autoritario. Invece, morto Franco, il re favorì la transizione alla democrazia. Dopo quaranta anni, il regime franchista fu smantellato pacificamente in due anni. Fu un nuovo “miracolo” nella Spagna contemporanea.