mercoledì 25 novembre 2015

Il Sole 25.11.15
La ritrovata centralità politica della Francia
di Valerio Castronovo


Il problema della sicurezza si è imposto, dopo la strage dell’Isis a Parigi, in termini cruciali quanto pervasivi, e la Francia, avendo sostenuto l’esigenza di annientare con un intervento armato in Siria le basi del terrorismo organizzato, è tornata ad acquisire un ruolo internazionale forte. Anche perché continua a essere considerata, per la sua storia e le sue tradizioni, l’emblema di quei principi e quei valori che, nati dalla Rivoluzione dell’89, costituiscono i cardini della democrazia e della sovranità popolare considerati sotto attacco.
Di qui la centralità politica che la Francia sta nuovamente assumendo nell’ambito della Ue, dopo che per molto tempo aveva tenuto a esercitare un ruolo preminente all’interno della Comunità europea, sia in nome di una pretesa “grandeur” rinverdita da De Gaulle, sia in forza dei suoi legami con diversi Paesi nord-africani e sub-sahariani appartenenti in passato al proprio impero coloniale. Un rango, questo, che di fatto era andato man mano indebolendosi: tanto che negli ultimi anni la Francia non era stata in grado di conservare una posizione determinante neppure nel “condominio carolingio”, dinanzi alla prorompente ascesa economica della Germania e alla formazione di una sorta di Commonwealth sotto l’egida tedesca nel cuore dell’Europa.
La nuova azione francese, questa volta, non è più all’insegna di certi calcoli di marca nazionalista d’un tempo, bensì in funzione della salvaguardia di ideali politici fondamentali, di portata universale.
A ogni modo, è essenziale che questi principi imprescindibili vadano fermamente ribaditi dall’Unione europea se vuole tenere fede al suo Dna e legittimare la sua ragion d’essere. Tanto più perché essa è apparsa, negli ultimi tempi, non solo sfibrata economicamente, in seguito a una lunga recessione e alle sfide poste dalla globalizzazione, ma anche talmente divisa, con controversi risvolti politici, sulle modalità della sua governance e sull’emergenza migratoria, da far dubitare della sua effettiva tenuta e del suo destino.
Abbiamo assistito in questi giorni a una riscoperta, da parte dell’opinione pubblica, dei valori fondamentali e dei postulati originari dell’Unione europea, che stavano sbiadendosi, ancorché venissero riesumati ogni volta nei rituali ufficiali di vertice. È vero che non si è manifestata un’ampia convergenza di orientamenti nei riguardi della decisione di Hollande di scendere in guerra aperta contro il sedicente Stato islamico che ha aggredito la Francia; e che quindi, fatta eccezione per Cameron, non ha avuto finora riscontro l’appello del presidente francese ai partner della Ue per un concreto aiuto militare in base all’art. 42 del Trattato di Lisbona.
Risulta tuttavia particolarmente eloquente e significativo il fatto che tanta gente, in tutti i Paesi del Vecchio Continente, si sia mobilitata per esprimere spontaneamente e in modo tangibile la propria solidarietà al popolo francese.
D’altra parte la Francia, in quanto annovera una comunità musulmana pari al 10% della sua popolazione, è anche un banco di prova primario agli effetti di un processo d’integrazione che valga a scongiurare sia un’ondata irruente di islamofobia sia una deriva fondamentalista eversiva. A tal fine la laicità repubblicana, che caratterizza lo Stato francese e la sua etica pubblica, rappresenta un fattore essenziale per una pacifica convivenza nell’ambito di una società multietnica, in quanto garantisce a ognuno di professare liberamente la propria fede religiosa e di esprimere in pieno le proprie convinzioni purché nel rispetto dei principi costituzionali e dell’ordinamento civile e giuridico.