il manifesto 18.11.15
Francia: stato di emergenza e stretta sulle libertà
Attentati. Hollande pensa anche a una riforma della Costituzione per istituire un "regime di stato di crisi"
I costituzionalisti temono una deriva liberticida
Clima tesissimo a meno di due settimane dalla Cop21: le manifestazioni dovrebbero venire vietate, mentre l'esercito produce dosi di antidoto agli attacchi chimici
di Anna Maria Merlo
PARIGI Senza attendere la scadenza dei 12 giorni, come annunciato da François Hollande, già giovedi’ l’Assemblea nazionale voterà sul prolungamento dello stato d’emergenza per tre mesi. Il Senato voterà venerdi’. Lo stato d’emergenza sarà modificato per “adattare il suo contenuto all’evoluzione delle tecnologie e delle minacce”, ha precisato Hollande. In particolare, saranno facilitate le perquisizioni e i domiciliari extragiudiziari. Stato di emergenza significa una restrizione delle libertà. La legge, che risale al ’55 e alla guerra d’Algeria, attribuisce poteri eccezionali alla polizia, prevede la regolamentazione della circolazione e del soggiorno delle persone, la chiusura di luoghi aperti al pubblico, i Prefetti possono imporre il copri-fuoco nelle zone di loro competenza, ci possono essere controlli sulla stampa, le riunioni e le manifestazioni sono sottoposte a limitazioni. Le autorità, per esempio, la sera degli attentati hanno chiesto alle tv di non trasmettere immagini in diretta, ma solo in differita, sui luoghi degli attentati. Il clima è sempre più teso, anche per l’avvicinarsi della Cop21, con 195 delegazioni di paesi del mondo e 120 capi di stato e di governo presenti all’apertura il 30 novembre. Per dare un’idea, domenica il Journal Officiel (la Gazzetta ufficiale francese) ha pubblicato un decreto che autorizza l’uso del solfato d’atropina, antidoto al gas sarin, efficace contro gli attacchi chimici. Sarà la farmacia dell’esercito a produrlo, in fretta e furia, prima della Cop21. Il governo potrebbe proibire molte o tutte le manifestazioni previste dalle ong.
Hollande ha anche evocato una riforma della Costituzione. L’opposizione è fredda, per ragioni tattiche, poiché è stata spiazzata dall’incursione del presidente socialista sul suo stesso terreno. Non è quindi certo che Hollande potrà far passare questa riforma, che richiede un voto al Congresso (Assemblea più Senato) ai tre quinti (e prevede anche la possibilità di un referendum popolare), anche se ieri Nicolas Sarkozy e altri papaveri della destra erano più possibilisti rispetto al capogruppo Christian Jacob, che la vigilia si era interrogato sulla necessità di questa riforma, visto che le leggi già esistono (e basterebbe applicarle, secondo lui, contrariamente a quello che fa il governo, considerato lassista). La riforma mira a stabilire un “regime civile di stato di crisi”, che sia una via di mezzo tra stato d’emergenza e stato d’assedio, regolati dagli articoli 16 e 36. Il governo ha già studiato i contenuti di questa riforma, che riprenderebbe delle proposte fatte dal Comitato presieduto dall’ex primo ministro di destra Eduard Balladur nel 2007. Ma giuristi e costituzionalisti sono molto prudenti e critici. L’avvocato Henri Leclerc, presidente onorario della Lega dei diritti dell’uomo, si chiede: “ci attaccano per le nostre libertà, per il nostro modo di vita. Che senso ha riformare la Costituzione?”. Per l’avvocato “bisogna fare leggi d’eccezione nell’emozione?”. Bastien François, consigliere regionale di Europa Ecologia in Ile-de-France, è ancora più drastico e denuncia un progetto di riforma costituzionale che mira a “definire un regime in deroga ai diritti fondamentali per lottare contro il terrorismo”. Questa riforma potrebbe venire utilizzata da un prossimo governo per un giro di vite sulle libertà, se si verificherà una svolta a destra, come annunciano i sondaggi per il 2017.
Hollande vorrebbe “costituzionalizzare” delle “punizioni” eccezionali per i terroristi: la perdita della nazionalità francese per i bi-nazionali condannati e l’istituzione di un “visto di ritorno” per i francesi coinvolti in atti di terrorismo all’estero, in partica una proibizione a tornare in patria. Sulla perdita della nazionalità c’è la limitazione della regola Onu che vieta di creare degli apolidi. Sul “visto di ritorno” c’è la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che stabilisce che “nessuno puo’ essere privato del diritto di tornare sul territorio dello stato di appartenenza”. Poco per volta, si scivola verso un sistema di limitazione delle libertà. Il governo, per esempio, ha studia la proposta della destra di “internamento” o di “braccialetto elettronico” per individui schedati “S”, cioè considerati pericolosi, senza pero’ che abbiano ancora commesso nessun reato grave.