giovedì 12 novembre 2015

il manifesto 12.11.15
Crisi migranti, Cancelliera sempre più sola
di Marco Bascetta


Incomprensioni, malintesi? Decisamente qualcosa di più. Se la «svolta» di agosto di Angela Merkel, la clamorosa apertura ai profughi siriani, doveva conferire alla Germania una sorta di guida morale dell’Europa, tale da correggere l’immagine di egoismo e intransigenza che Berlino aveva dato di sé nella gestione della crisi dei debiti sovrani, la sua efficacia si è rapidamente esaurita. Le spalle larghe, la sicumera del «ce la facciamo», il rigore capace di tradursi in solidarietà sono presto entrati in uno stato confusionale. Incapace di contrastare le chiusure nazionaliste delle cosiddette «democrazie postsocialiste» il governo tedesco vede traballare sempre più pericolosamente i suoi equilibri interni.
Prima la ricca Baviera governata dalla Csu di Horst Seehofer, aveva minacciato di chiudere non solo le sue frontiere esterne, ma di mettere sotto controllo anche quelle con il resto della Germania, se Berlino non avesse radicalmente rivisto la nuova politica sull’immigrazione. Poi il ministro degli interni Thomas De Mazière, membro dello stesso partito della Cancelliera, annuncia che le regole del trattato di Dublino ( le quali prevedono che la richiesta di asilo debba essere effettuata nel primo paese dell’Unione raggiunto dai migranti) tornano ad essere effettive anche per i profughi siriani. E soprattutto non avverte della sua dichiarazione né Angela Merkel, né gli alleati di governo della Spd, che la prendono assai male. Questo a pochi giorni da un vertice tra Cdu, Csu ed Spd in cui sembrava raggiunto un accordo sulla gestione della «crisi dei migranti».
La reazione della Cancelleria è alquanto balbettante. La portavoce Christiane Wirtz si è subito affannata a precisare che non ci sarebbe stata alcuna retromarcia nella «politica di benvenuto» della Germania e che se è vero che alcuni aspetti dei trattati dovrebbero essere corretti è anche vero che gli accordi di Dublino sono tutt’ora vigenti. Siamo ben lontani dai titoloni di prima pagina in cui Berlino dichiarava decisamente superato il trattato di Dublino. Se non è una retromarcia le assomiglia molto. Non è facile svolgere il ruolo di guida politico-morale dell’Unione da una posizione così precaria. La gestione della crisi sfugge dalle mani della Cancelleria e questo non mancherà di avere ripercussioni immediate sul resto d’Europa. Ogni irrigidimento, ogni misura protezionista contro la circolazione di esseri umani, ne determinerà altre in una incontrollabile reazione a catena.
La resurrezione di Dublino rischia di trasformarsi in breve nell’agonia di Schengen. La Csu e la destra della Cdu sembrano avere trovato l’occasione per porre fine a quello che giudicano uno spostamento progressivo di Angela Merkel verso posizioni di centrosinistra. E’ una forzatura arrischiata in un paese nel quale la «crisi dei migranti» ha determinato una forte polarizzazione sociale, tra movimenti xenofobi e vaste reti di cittadini e attivisti di impronta solidale e antirazzista. Per non parlare dei malumori nei paesi di frontiera, come l’Italia, che già si vantavano di aver imposto alla Germania una politica più solidale con le proprie difficoltà a fronte degli imponenti flussi migratori.