martedì 3 novembre 2015

Il Fatto 3.11.15
La prevalenza dell’inchino
di Pino Corrias

Nell’eterna Roma dei Papi (e mai di Porta Pia) il primissimo gesto compiuto dal prefetto Tronca è stato quello di inchinarsi davanti a Bergoglio. E lo ha fatto non da privato cittadino, privatamente credente, ma proprio con tutti i pennacchi della circostanza, nel pieno delle sue funzioni di alto rappresentate dello Stato italiano che a sua volta ha usato la sua schiena (la schiena di Tronca) per dimostrare la propria premurosa sudditanza.
Sudditanza persino antisportiva se si misura la sproporzione che corre tra l’infimo gradino a cui lo stato della Capitale e la capitale dello Stato sono giunti dopo i cinque anni di Alemanno e i due di Marino appena naufragati nella solita ridicola tragedia, e l’altissimo prestigio di cui gode l’ultimo imperatore della santa ditta Vaticana, che è pure uno Stato estero, anche se non lo sembra. E non lo sembra perché il suo Capo ha appena varato un Giubileo fuori dai calendari – volendo avrebbe potuto proclamare anche un Natale per dopodomani, chi glielo impedirebbe? ordinando, per l’arrivo di 30 milioni di fedeli, di ripulire le strade, le aiuole, la reputazione. E di licenziare il sindaco pasticcione che gli stava cristianamente sulle buche.