Corriere 26.11.15
Perché non si può parlare di un islam moderato
risponde Sergio Romano
Ho letto e ascoltato varie voci sull’Islam, ma un aspetto mi lascia perplesso: l’esistenza di un Islam moderato. Non me lo spiego, anche se, tempo fa, essendo per un periodo in Turchia, ne ricavai l’impressione che esista. Però, parecchi anni fa, lessi e meditai tutto il Corano (mattone di 902 pagine...), dove, in molte sure, si parla di perdono, ma solo per coloro che si convertono. Gli infedeli (quelli che non si convertono) vanno semplicemente uccisi, indicando anche alcuni modi di esecuzione. Non trovai mai, ripeto mai, il termine tolleranza, né quello di convivenza religiosa. Ora, coi fatti recenti, mi sto convincendo che i musulmani moderati siano tali per alcune ragioni: 1) perché sono credenti all’acqua di rose, come molti cattolici; 2) perché non sono ancora in grado di conquistare il mondo, ma aspettano il momento buono; 3) perché c’è qualche modifica del Corano che non conosco. Una spiegazione ci deve essere. Vorrebbe esprimere il suo parere su questo argomento?
Giovanni Ferrero
Caro Ferrero,
Credo che «moderato» sia una espressione infelice. A quale credente (non importa se cristiano, ebreo o musulmano) piacerebbe essere definito duttile, malleabile, pragmatico? La distinzione, in materia di fede, è fra coloro che hanno una concezione letterale dei precetti religiosi e coloro che ne hanno una concezione storica. I primi sostengono che il credente debba osservare alla lettera i canoni di una religione rivelata. I secondi pensano che ogni canone e ogni prescrizione debbano essere considerati alla luce delle circostanze storiche in cui vennero formulati.
Non si può parlare di Dio alla borghesia commerciale e industriale del XXI secolo con lo stesso linguaggio con cui si parlava ai pastori e ai contadini del Mediterraneo orientale negli anni di Mosé, Cristo e Maometto. Il cristianesimo ha attraversato fasi diverse, ma ha quasi sempre finito per adattarsi alle esigenze di una società che si è progressivamente modernizzata e secolarizzata sotto la spinta di grandi rivoluzioni economiche (da quella commerciale del Duecento a quella industriale del XIX secolo), ma anche culturali e politiche come quella umanista del Quattrocento e la Rivoluzione francese.
La storia del mondo musulmano, con qualche eccezione, è alquanto diversa. Vi sono stati momenti in cui le nazioni dell’Islam hanno dato prova di fantasia e dinamismo, e lunghe fasi, sino ai nostri giorni, in cui i tentativi di modernizzazione, quasi sempre modellati su schemi occidentali, sono falliti. Non è sorprendente che il fallimento di una modernizzazione di tipo euro-americano, con le sue inevitabili ricadute di ordine economico, politico e psicologico, susciti rabbia e delusione. Non è sorprendente che le società arabe siano diventate sensibili alla influenza di leader religiosi che predicano il ritorno alla lettura formale del Corano e dei Detti del Profeta (Hadith). A ogni modernizzazione fallita e a ogni guerra perduta subentra un risveglio religioso che può assumere caratteri violenti, soprattutto se il fuoco è imprudentemente attizzato da altri fattori come la guerra degli Stati Uniti in Iraq e l’operazione militare anglo-francese di Libia.