lunedì 2 novembre 2015

Corriere 2.11.15
Morto il compromesso storico il cattocomunismo sopravvive
Togliatti era cosciente della grande influenza della Chiesa e cercava una forma di accordo
di Sergio Romano


Nelle rappresentazioni convenzionali la guerra fredda è la battaglia del secolo fra comunisti e liberaldemocratici. Ma la definizione tace dell’altro duello, spesso più sanguinoso, che si è combattuto per buona parte del secolo: quello fra comunisti e socialdemocratici. Alle origini vi furono spesso furibonde scissioni e sanguinosi regolamenti di conti. In Russia i bolscevichi di Lenin si sbarazzarono rudemente dei menscevichi e dei socialisti rivoluzionari. In Germania i socialdemocratici di Friedrich Ebert e Gustav Noske combatterono nelle strade di Berlino, Monaco e Amburgo contro gli spartachisti di Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg e Wilhelm Pieck. Nella guerra civile spagnola i comunisti perseguirono politiche alquanto diverse da quelle dei socialisti. Nei Paesi occupati dall’Armata Rossa dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la principale strategia dei comunisti, non appena giunti al potere, fu quella di escludere i socialisti, con la violenza, dalla gestione dello Stato. Dettero prova di una qualche benevola tolleranza per i partiti popolari e contadini, ma trattarono socialisti e socialdemocratici come pericolosi «nemici di classe».
La storia italiana non è, nella sostanza, diversa. Dopo un primo tentativo di lavorare insieme all’interno di un Fronte popolare, i due partiti, all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso, presero strade diverse. Togliatti era alla ricerca di altri alleati e sperava di averli trovati numerosi in quella parte del mondo cattolico che non condivideva la linea moderata degli eredi di don Sturzo. Questi «catto-comunisti» sono i principali protagonisti di un saggio di Massimo Teodori pubblicato ora da Marsilio ( Il vizietto cattocomunista. La vera anomalia italiana ). La parola «anomalia» è in questo caso particolarmente calzante. L’Italia non è soltanto un Paese cattolico; è anche un Paese «clericale», dove il clero può in molti casi interloquire con le istituzioni su un piede di parità. L’Italia non è uno Stato laico; è uno Stato concordatario, dove la Chiesa di Roma è in molte circostanze una sorta di condomino.
Quando cominciò a corteggiare i cattolici, Togliatti sapeva che il Pci avrebbe trovato sulla sua strada due ostacoli. In primo luogo avrebbe guidato il suo partito in un Paese stabilmente inserito nel campo della democrazia, uno Stato che non poteva essere conquistato nel modo in cui i comunisti erano andati al potere dietro il sipario di ferro. In secondo luogo sapeva la Chiesa esercita sulle coscienze italiane un’autorità persino superiore a quella di cui gode in Spagna. Prese corpo così una strategia comunista in cui i cattolici erano destinati ad avere una parte importante. Non sarebbero stati banali compagni di strada. Erano fondamentalmente illiberali e consideravano l’economia di mercato un male da correggere con una forte iniezione di dirigismo sociale. Mentre il Pci cercava alleati nel mondo cattolico, la Democrazia cristiana recitava una parte ambigua che le permetteva di alternare con successo aperture a destra e aperture a sinistra.
L’arrivo di Craxi sulla scena politica cambiò il gioco. Come nelle altre democrazie europee abbiamo assistito finalmente a una onesta e salutare battaglia fra comunisti e socialdemocratici. Ma una parte della Democrazia cristiana, soprattutto quando i leader del partito erano Aldo Moro e Ciriaco De Mita, sembrava considerare il compromesso storico, proposto da Enrico Berlinguer dopo il colpo di Stato cileno, più attraente e promettente di qualsiasi altra prospettiva politica.
Il collasso dell’Urss e la disintegrazione del Pci hanno cambiato il paesaggio politico italiano e aperto nuove prospettive. Ma gli scandali di Mani pulite hanno fatto dell’Italia una repubblica giudiziaria in cui tutte le maggiori strategie politiche — il compromesso storico e il riformismo craxiano — sono divenute egualmente irrealizzabili. Come ricorda Massimo Teodori, il risultato di quel naufragio, vent’anni dopo, è un governo di post-democristiani e post-comunisti: un’altra anomalia che rende l’Italia diversa da ogni altra democrazia occidentale. Ne escono perdenti coloro che, come Massimo Teodori, avevano riposto le loro speranze in una democrazia laica e liberale, capace di realizzare i nuovi diritti civili delle maggiori società europee. Il fatto che questi diritti possano trarre qualche vantaggio soltanto dalla presenza di un francescano in Vaticano dimostra quanto sia modesto il ruolo dei laici nella società italiana.