mercoledì 18 novembre 2015

Corriere 18.11.15
Come la Francia laica ruppe con il Papato
risponde Sergio Romano


Leggendo la biografia di Padre Teilhard de Chardin ho appreso che nel 1901 in Francia «furono approvate le nuove leggi antireligiose e l’ordine dei Gesuiti fu espulso dal territorio nazionale». Come mai questo provvedimento?
Cesare Scotti

Caro Scotti,
La legge del 2 luglio 1901 concerneva le associazioni e fu una tappa importante nella storia dell’associazionismo politico e culturale della III Repubblica. Vi fu da allora lo strumento legislativo che avrebbe contribuito allo sviluppo di una grande e laica società civile. Le leggi più esplicitamente anticlericali, invece, risalgono agli anni immediatamente successivi. La prima, discussa in Parlamento nella primavera del 1903, soppresse contemporaneamente più di 130 congregazioni maschili e femminili. Accadde durante la presidenza del Consiglio di Emile Combes, un uomo politico che era stato seminarista e spiegava il rigore della sua politica anticlericale dicendo: «Nutrito nel serraglio, ne conosco i meandri».
Nel progressivo deterioramento dei rapporti fra lo Stato francese e la Chiesa romana vi è un interessante episodio italiano. Salito al trono dopo l’uccisione del padre, Vittorio Emanuele III era allora impegnato nella programmazione dei viaggi che gli avrebbero permesso di stabilire rapporti personali con i maggiori sovrani del suo tempo. Per restituire la visita che il re britannico Edoardo VII aveva fatto in Italia nell’aprile del 1903, avrebbe potuto attraversare l’Europa centrale o viaggiare per mare, ma decise di passare per Parigi e mantenne questa scelta anche quando un breve rinvio della visita a Londra, richiesto da Edoardo, rese il suo viaggio in Francia molto più di una semplice sosta. In un articolo apparso sull’ultimo numero di «Nuova Storia Contemporanea» (la rivista di Francesco Perfetti), uno storico francese, Frédéric Le Moal, sostiene che Vittorio Emanuele era perfettamente consapevole delle conseguenze politiche del suo gesto. Il presidente della Repubblica francese Emile Loubet avrebbe restituito la cortesia con un viaggio a Roma che avrebbe provocato l’indignazione della Santa Sede, allora ancora convinta che la presenza del governo italiano nella Città Santa fosse un intollerabile sopruso.
Lo scenario previsto si avverò puntualmente. La Santa Sede deplorò pubblicamente il viaggio di Loubet a Roma e inviò alle maggiori potenze una nota in cui affermava che il nunzio era rimasto a Parigi, nonostante l’affronto, «per gravi motivi d’ordine e di natura sotto ogni aspetto speciali». Questa frase ambigua e minacciosa offrì alla Francia l’occasione di fare ciò che i partiti laici e anticlericali progettavano da tempo: la rottura dei rapporti diplomatici con la Santa Sede e la denuncia del Concordato. Le chiese di Francia, da quel momento, sarebbero state amministrate da associazioni di fedeli e sulla facciata di molte apparvero le tre parole della fede repubblicana: Liberté, Egalité, Fraternité.