venerdì 23 ottobre 2015

Repubblica 23.10.15
Il Partito della Nazione un percorso accidentato
Il progetto di Renzi non può essere solo una manovra parlamentare in attesa dei voti di Berlusconi
di Stefano Folli


IL dibattito intorno al cosiddetto “partito della nazione” come fase suprema del Pd renziano appassiona pochi. Eppure è uno snodo cruciale per capire cosa potrà accadere nei prossimi due, massimo tre anni. Il partito della nazione, o come vorrà chiamarsi, quale suggello finale del “renzismo” come filosofia e prassi politica. Il progetto era andato un po’ in sonno dopo le elezioni regionali e comunali di primavera, che non furono proprio un trionfo per il premier, ma ha ripreso vigore dopo il “sì” del Senato alla riforma costituzionale, ormai quasi al traguardo. “Meno tasse per tutti”, annuncia il presidente del Consiglio fra il serio e il faceto, riecheggiando un vecchio slogan berlusconiano destinato a suo tempo a restare lettera morta.
Renzi non ha difficoltà a farlo proprio come architrave della politica fiscale, con l’obiettivo di conquistare finalmente quei ceti sociali che hanno sostenuto Berlusconi fino quasi alla fine della sua parabola, ma ancora non si sono decisi a passare il guado, raggiungendo l’accampamento del premier. Questo è in definitiva il partito della nazione nel disegno di Renzi: un contenitore modernizzante — cioè “riformista” — costruito intorno alla figura del leader e capace di raccogliere consenso a 360 gradi; una struttura che si colloca al centro della scena politica, al di là della storica divisione destra-sinistra.
Tutto questo è chiaro già da tempo. Quello che non è altrettanto chiaro è il percorso intrapreso. In primo luogo, i voti. Il gradimento del presidente del Consiglio è piuttosto alto nel Paese, viceversa i sondaggi vedono il Pd intorno alle solite percentuali: fra il 32 e il 35 per cento, più o meno i migliori livelli già toccati in passato dai predecessori di Renzi. Stando a questi numeri non c’è ancora lo sfondamento sul centrodestra, nonostante una congiuntura davvero favorevole per chi governa. In altri termini, non basta abbozzare il contorno del progetto politico, occorre anche colpire l’opinione pubblica con un’idea dell’Italia. E forse è necessario ostentare una classe dirigente affidabile non solo nei dintorni di Palazzo Chigi, ma nelle amministrazioni comunali e nelle regioni. Proprio quello che è mancato la scorsa primavera e che rischia di venir meno anche nei prossimi mesi quando si voterà nelle principali città, a cominciare da Roma.
Del resto, il partito della nazione ha bisogno di un orizzonte largo e di una dimensione morale. Si capisce perché. L’ondata di scandali e di arresti che ha investito il Paese da nord a sud non riguarda Renzi, ma danneggia le sue ambizioni se egli non contrasta il malcostume con iniziative convincenti, senza le quali si lascia campo libero a Grillo e a tutte le pulsioni anti-casta. Non a caso i sondaggi indicano il M5S intorno al 25-26 per cento, una soglia impressionante per un movimento ricco di contraddizioni e povero di proposte. Il presidente del Consiglio è peraltro favorito dall’assenza di una credibile alternativa nel campo della destra moderata.
LE idee liberali di Fitto sono mattoncini per ora insufficienti a costruire una casa. Quanto a Berlusconi, non gli basta certo tentare di ricomporre i rapporti con Angela Merkel e proclamare la fedeltà al Partito Popolare europeo, nell’estremo tentativo di sottrarsi all’abbraccio soffocante di Salvini. Il buco nero nel centrodestra costituisce un prezioso vantaggio per Renzi, ma conquistare quei voti resta un obiettivo lontano.
In ogni caso il partito della nazione non può nascere da una mera manovra parlamentare. L’aggregarsi di un nuovo gruppo centrista, forte dei fuoriusciti di Forza Italia e di segmenti centristi, è utile per non indebolire la maggioranza, specie al Senato. Ma spetta al presidente del Consiglio dare ai nuovi alleati una dignità politica, se lo riterrà opportuno. Il gruppo non potrà essere trattato come una specie di “bad company” pronta a essere sacrificata alla prima occasione. D’altra parte, una eventuale convergenza nel partito del premier crea già oggi polemiche e aspri rifiuti. Il che dimostra come sia lunga la strada di Renzi.