giovedì 22 ottobre 2015

Repubblica 22.10.15
Dal Medioevo a oggi la salute del Pontefice è questione di “fondamentale importanza”, affidata alle cure degli “archiatri” che si sono succeduti in Vaticano. Tra privilegi e clamorose rivelazioni
“Unguenti preziosi”e scandali ecco i segreti dei medici dei papi
di Agostino Paravicini Baliani


LA notizia secondo cui Francesco sarebbe afflitto da un tumore benigno ha riportato alla ribalta un problema già diventato acuto negli ultimi anni del pontificato di Giovanni Paolo II (1978-2005): la salute del papa e le informazioni che la riguardano.
La salute del papa è un problema di fondamentale importanza. Da sempre, almeno da quando fonti disponibili ci permettono di conoscere qualcosa delle malattie dei papi, della presenza di medici alla corte papale, e delle cure da loro prodigate. Ciò non prima degli ultimi secoli del Medioevo.
Il primo ”medico del papa” appare intorno al 1200, durante il pontificato di Innocenzo III (1198-1215): Giovanni Castellomata, di famiglia salernitana, legato alla celebre scuola medica di quella città che aveva avuto anche nel passato molti legami con il mondo della curia. Castellomata prese parte alla stesura del più antico trattato medievale su come ritardare la vecchiaia, ringiovanire, mantenere la memoria. L’apparizione intorno al 1200 del termine “medico del papa”’ testimonia un interesse forse nuovo nei confronti della salute del papa, intorno alla quale da allora in poi si osserva un continuo susseguirsi di informazioni. I medici dei papi occuperanno un ruolo fondamentale nella vita della corte papale, con sempre nuovi privilegi. Ne rende conto la stessa storia del titolo, che da “medico del papa”’ diventa “archiatra”, che significa letteralmente il medico principale, il protomedico. O se si vuole, il primo dei medici.
Insomma, dal 1200 in poi della salute del papa ne parlano ambasciatori e cronisti, predicatori e teologi. Quando Pio V (1566-1573) cadde malato — la sua è la malattia papale meglio documentata di tutto il Cinquecento — l’ambasciatore di Mantova riferì al suo Duca: «È voce pubblica che il Papa sia molto debole et ch’egli medesimo diffidi de la sua vita ». E anche l’ambasciatore veneziano Paolo Tiepolo era riuscito a sapere come il Papa era stato curato: «Ha cominciato a pigliar il latte d’asina ogni mattina una gran tazza», scrisse al suo Doge. Ambasciatori e osservatori della vita della corte papale disponevano anche di dettagli minimi: «Il Papa usa diversi gargarismi per liberarsi dal catarro». L’ambasciatore veneziano Girolamo Soranzo aveva saputo che i medici avevano trovato «la natura di Sua Santità così atta a resistere al male, che si potria promettere di lei ancora in vita per lungo tempo» (1563). E così via.
Le ricette mediche per i papi vengono copiate e ricopiate nei manoscritti, e girano da una corte all’altra. L’elettuario per gli occhi che Innocenzo IV (1243-1254) si sarebbe fatto confezionare per ritrovare la vista diventò celebre. Il re di Francia inviò a papa Gregorio IX (1227-1243) un unguento «che serve a curare fistole, ulcere, postemi e ogni indurimento ». Il celebre chirurgo di Filippo il Bello (1285-1314), Enrico di Mondeville, che conosceva bene gli ambienti medici della corte pontificia, trascrive una ricetta di un «unguento prezioso» che Bonifacio VIII avrebbe acquistato da un certo Anselmo da Genova, per poi rivenderla al re di Francia.
Alcune cure fecero sensazione e provocarono forti discussioni in curia e altrove. Per curare Bonifacio VIII del calcolo renale di cui soffriva, il catalano Arnaldo da Villanova (1240-1312), il più celebre dei suoi medici, gli prescrisse un sigillo astrologico, usando una ricetta che figurava in un trattato di magia più antico, il famoso Picatrix. Tutta la curia — e in particolare i cardinali — ne erano al corrente. Ma i «cardinali si meravigliarono moltissimo», scrisse l’ambasciatore del re di Aragona al suo sovrano, tanto più che sarebbe stato lo stesso papa a rendere pubblica la cosa. Ma anche questo è un elemento che attraversa la storia delle malattie dei papi: ossia il fatto che così spesso furono proprio i papi a parlare delle loro malattie.
Giovanni Paolo II è certamente il papa che nell’ultimo secolo più di ogni altro ha fornito informazioni sul suo stato di salute. È un ulteriore conferma di come la salute del papa sia — da secoli — un fatto destinato a diventare di pubblico dominio. Nel suo Taccuino di cinque anni , il Nobel per la letteratura Gabriel Garcia Màrquez racconta come lui e l’amico José Salgar andassero «in macchina lungo le strade della pianura con la radio accesa per seguire senza sosta il ritmo del singhiozzo», di cui era vittima Pio XII (1938-1958).
Mai l’infermità di un papa aveva conosciuto una celebrità così ampia, anche affettuosa. Un immenso scandalo provocò invece l’impietosa pubblicazione di due foto di Pio XII agonizzante, scattate dal suo medico personale, Riccardo Galeazzi Lisi. Con dolore si appresero le prime avvisaglie della malattia di Giovanni XXIII, fin dall’apertura del Concilio Vaticano II (25 dicembre 1961). E quando, il 4 novembre 1967, il Messaggero pubblicò la notizia dell’imminente operazione chirurgica di Paolo VI, l’eco fu mondiale.
Ma fu anche l’ultima volta che un papa fu operato in Vaticano.