lunedì 19 ottobre 2015

La Stampa 19.10.15
Usa in campo
Kerry vedrà Netanyahu e Abu Mazen
di Paolo Mastrolilli


Dalla speranza di rilanciare in qualche maniera il dialogo, all’emergenza di provare quanto meno a bloccare il ciclo delle violenze. È la parabola della posizione americana sul conflitto israelo-palestinese, culminata nell’annuncio fatto ieri dal segretario di Stato Kerry che in settimana incontrerà il premier Netanyahu in Germania, e poi andrà nella regione per vedere Abu Mazen e il re giordano Abdullah.
Nei mesi scorsi il presidente Obama aveva chiesto ai suoi collaboratori di immaginare iniziative da prendere per rilanciare il negoziato di pace, nonostante gli attriti provocati dall’accordo nucleare con l’Iran. Sul tavolo c’erano diverse ipotesi, fra cui quella di una risoluzione all’Onu sulla necessità di proseguire nella creazione di due stati, o quella di un nuovo tentativo di mediazione americana. Quando il «Quartetto» si era riunito al Palazzo di Vetro durante l’ultima Assemblea Generale, la decisione congiunta era stata quella di partire con un obiettivo meno ambizioso: riprendere l’applicazione di piccole iniziative su cui c’era già accordo, per tentare di ricostruire un minimo di fiducia fra le parti.
Ora però è scoppiata «l’intifada dei coltelli», e quindi Kerry ha dovuto programmare la nuova missione per fermare le violenze. Il suo obiettivo però resta quello di inserire la mediazione nel quadro di una ripresa del dialogo, ma su questo punto è già partito col piede sbagliato. Nei giorni scorsi infatti ha notato che lo stallo nei negoziati, e l’occupazione di Gerusalemme, sono fra gli elementi che hanno favorito le nuove violenze. Senza citarlo per nome, gli ha risposto l’ambasciatore israeliano a Washington, Ron Dermer, che ha definito «folle» credere a un simile legame di causa ed effetto, fra l’assenza di negoziati e gli attacchi terroristici.