La Stampa 12.10.15
Usa, “giustificato” l’agente che uccise il 12enne
Per gli inquirenti non poteva sapere se l’arma giocattolo tenuta in mano dal giovane afroamericano fosse vera
di Francesco Semprini
Eccoci di nuovo davanti a uno di quei pronunciamenti destinati a dar fuoco alle polveri e ad infiammare ancora una volta gli animi di quella parte di americani che si considera vittima di una discriminazione di Stato. Discriminazione razziale in questo caso, visto che il pronunciamento in questione riguarda l’uccisione di Tamir Rice, il dodicenne nero di Cleveland, Ohio, colpito da un poliziotto appena giunto nel parco dove il ragazzino stava girando con in pugno una pistola caricata a salve.
Uno dei casi che ha maggiormente colpito e fatto discutere l’opinione pubblica degli Stati Uniti. Sia perché si inseriva in quella fila di episodi di presunta discriminazione razziale da parte delle forze dell’ordine, iniziata con i misfatti di Ferguson, Missouri, dove a essere ucciso dalla polizia era stato un altro ragazzo afro-americano, il 18 enne Michael Brown, sia per la giovane età della vittima.
Il rapporto degli esperti
Ebbene, secondo l’esito di due rapporti che gli inquirenti hanno affidato a esperti, l’operato di Tim Loehmann, il poliziotto bianco che ha ferito a morte il 12enne, è da considerarsi un «comportamento ragionevole». I due rapporti sono stati stilati dalla ex agente speciale dell’Fbi, Kimberly Crawford, e dal pubblico ministero del Colorado. «Il punto non è stabilire se qualsiasi agente avrebbe agito allo stesso modo», ha scritto la Crawford nel documento in cui sostiene che Loehmann non poteva sapere se l’arma fosse vera o meno. «Piuttosto - prosegue l’ex agente dell’Fbi - è rilevante stabilire se un agente ragionevole, in una situazione identica, sarebbe giunto alla conclusione che quella reazione fosse necessaria».
Al di là dei paradigmi lessicali, quello che i due rapporti tentano di spiegare è che in quel preciso istante il poliziotto non poteva valutare il livello di minaccia e quindi ha reagito, sparando da distanza ravvicinata. I due rapporti, come tengono a precisare le autorità, non sono vincolanti, ma faranno parte del faldone da presentare, insieme con tutte le altre prove, al gran jury incaricato di giudicare la condotta di Loehmann.
La rabbia dei famigliari
Si tratta tuttavia di premesse che creano rabbia alla famiglia di Tamir Rice, convinta che a questo punto l’ipotesi di un procedimento penale a carico del poliziotto sia già tramontata. Così come il non luogo a procedere era stato deciso in altri recenti casi causando proteste nei quattro angoli del Paese. Tutto ciò assieme a incriminazioni di agenti, in alcuni casi, così come a dimissioni e commissariamenti di distretti. Un clima che ha indotto il presidente Barack Obama ad ammettere la necessità di colmare il vuoto di fiducia che si è creato tra i cittadini e le istituzioni.