giovedì 8 ottobre 2015

Il Sole 8.10.15
L’ora delle scelte sulla Capitale
Meglio perdere Roma o la reputazione di leader che decide?
Il dilemma è questo per Renzi su cui è di nuovo scattata la trappola-Capitale dopo che la Procura ha aperto un fascicolo sulle spese di Marino.
di Lina Palmerini


Quella di Roma è ormai una storia infinita. Una saga che si sta trasformando in sabbie mobili per Matteo Renzi. È come se il racconto di quel che accade a Roma e a Ignazio Marino, sfilasse la tela che il premier sta faticosamente tessendo nel raccontare il suo Governo, il suo Pd, la capacità di decidere e di andare avanti. A Roma invece si torna sempre al punto di partenza. Cioè al senso di inadeguatezza che trasmette il suo primo cittadino. È abbastanza singolare quello che sta succedendo in questi giorni sugli scontrini e le spese di Marino. Detto che non siamo alle vicende di “mafia capitale” ma a episodi meno gravi come i rimborsi di cene, il fatto che la Procura ieri abbia deciso di aprire un fascicolo getta un’ombra su quello che era il punto più inattaccabile del sindaco: la sua onestà. Ma non c’è solo l’atto dovuto della Procura che mette la vicenda dei rimborsi su un piano inclinato.
C’è un fatto politico ugualmente importante che segnala l’isolamento in cui è finito Marino: la prontissima smentita arrivata dai ristoratori come dalla Comunità di Sant’Egidio alla sua versione delle cene svolte per ragioni di lavoro, indicano che ormai il sindaco è senza rete. In pratica è un uomo solo, che quasi tutti sono pronti a “scaricare”, tranne il Pd. È vero, non si può ignorare o sottovalutare il problema che pone a Renzi l’abbandono del primo cittadino. Innanzitutto di calcolo politico perché lasciare il Campidoglio ora e votare nel 2016 - nella tornata elettorale con città come Milano e Napoli - garantisce una sconfitta quasi certa per il Pd. Sarebbe un miracolo per Renzi non perdere Roma dopo questa stagione politica e lo “scontrino” politico finirebbe addebitato a lui. E poi c’è il Giubileo e la pessima immagine che si avrebbe dell’Italia con una Capitale commissariata. Anche questo dato si rifletterebbe sul Governo guidato da Renzi. Non è un caso quindi che il decisionismo del leader Pd, il suo “cambiare verso” non sia ancora riuscito a Roma.
Qui trova una doppia trappola, da segretario del Pd per la probabile sconfitta alle elezioni e da presidente del Consiglio per il danno di reputazione in vista del Giubileo. Un verso però lo dovrà trovare e con forte convinzione. Si capisce che abbandonare ora il sindaco vuol dire cominciare in salita la corsa verso le amministrative ma quali sono le alternative? Pensare di sostenerlo ancora è davvero un azzardo. Una forzatura che va oltre quella già fatta di mettergli accanto il prefetto Gabrielli che, infatti, non è servito a molto. Almeno non sul piano dell’immagine e della comunicazione vista la brutta figura di Marino con il Papa, i suoi viaggi in America per finire con la storia delle cene fatte – sembra – con i familiari e invece giustificate come di lavoro.
Ieri il sindaco ha fatto sapere che restituirà i soldi e la carta di credito del Comune ma ormai ai cittadini di Roma non basta più. E non basta nemmeno agli italiani vedere nella Capitale un primo cittadino così poco credibile. Quello che vogliono è che lui liberi il Campidoglio. Può ignorarlo Renzi? Di fronte a questi nuovi fatti l’unica via d’uscita del premier è prendere le distanze da Marino. Non è più il momento di costruire un nuovo artificio tecnico per puntellare il sindaco. Quel momento è stato trovato e non è servito. Questa volta serve l’annuncio della fine di una stagione nella Capitale. Costi quel che costi. Forse per Renzi è meglio rischiare di perdere a Roma che appannare una reputazione costruita sulle decisioni e sull’andare avanti.