sabato 17 ottobre 2015

il manifesto 17.10.15
Dietrofront tedesco sui migranti, aumentano le restrizioni
Germania. Kosovo, Albania e Montenegro sono considerati paesi «sicuri», beni e servizi anziché diarie, più tempo nei centri di raccolta
di Jacopo Rosatelli


Da ieri è ufficiale: in Germania entrano in vigore nuove norme sul diritto d’asilo, più restrittive. Il via libera definitivo è arrivato dal Bundesrat, la camera in cui siedono i rappresentanti dei governi regionali. E in cui gli equilibri sono diversi da quelli dell’altro ramo del parlamento, il Bundestag, dove la grosse Koalition fra democristiani (Cdu/Csu) e socialdemocratici (Spd) gode di una schiacciante maggioranza: nella camera dei Länder la coalizione che sostiene il governo di Angela Merkel ha soltanto 24 seggi sui 69 totali. Per raggiungere i numeri necessari, c’era bisogno che dicessero «sì» anche esecutivi regionali in cui sono presenti i Verdi: ed è ciò che ieri è puntualmente accaduto.
Nonostante i malumori interni, e l’astensione dei loro compagni nell’altro ramo del parlamento, i Grünen che amministrano il Baden-Württemberg, lo Schleswig-Holstein e la Renania-Palatinato (con la Spd) e l’Assia (con la Cdu) hanno deciso di sostenere le nuove regole. Gli unici Länder a non approvare l’inasprimento delle condizioni di vita dei profughi sono stati la piccola città-stato di Brema, dove gli ecologisti hanno imposto l’astensione agli alleati socialdemocratici, Brandeburgo e Turingia, dove a impedire il voto favorevole è stata la Linke.
Cosa cambia dunque per i richiedenti asilo? Innanzitutto, non potranno più essere considerati tali quelli che arrivano da Kosovo, Albania e Montenegro, che passano ad essere considerati ufficialmente «Paesi sicuri». Evidentemente, in pochi si sono accorti dei tumulti scoppiati a Pristina nei giorni scorsi, legati ovviamente alle difficili relazioni e alla tensione esistente fra maggioranza albanese e minoranza serba: il fatto che in quella parte di Balcani operi tuttora un contingente di «peace enforcing» della Nato dev’essere un dettaglio trascurabile. Per molti critici, compresa la principale ong che si occupa di profughi, Pro-Asyl, è questo l’aspetto peggiore della nuova normativa.
Ma c’è dell’altro: le procedure di allontanamento vengono semplificate, ai migranti verranno elargiti beni e servizi invece delle diarie, e aumenta il periodo di tempo in cui dovranno stare nei centri di raccolta. Il cosiddetto «bicchiere mezzo pieno», su cui hanno fatto leva i Verdi che ieri hanno detto «sì», consiste nell’aumento dei finanziamenti per le amministrazioni locali che devono affrontare l’«emergenza», e nell’investimento in nuovi programmi di integrazione, a partire dal settore dell’educazione infantile. Il segno complessivo delle nuove regole è comunque regressivo, fondandosi sul dogma della distinzione fra profughi «legittimi», come i siriani, e «illegittimi», come tutti i cosiddetti «migranti economici».
Il clima in Germania non è più quello degli applausi alla stazione di Monaco e dei selfie della cancelliera nei centri di accoglienza: il vento è cambiato e soffia nella direzione gradita al governatore bavarese Horst Seehofer e alle destre di varia natura: dagli ultra-conservatori di Alternative für Deutschland ai «Patrioti contro l’islamizzazione» di Pegida, che organizzano marce molto partecipate.
Merkel deve fare i conti con una crescente fronda nel proprio partito: l’ultimo a farsi sentire, ieri, è stato il democristianissimo governatore della Sassonia, Stanislaw Tillich, che ha dichiarato di «comprendere» chi nutre riserve verso le scelte compiute dalla sua leader. In evidente difficoltà, la cancelliera deve andare incontro agli oppositori: ed è per questo che in un’intervista pubblicata nell’edizione odierna della Frankfurter Allgemeine, ma anticipata già nella serata di ieri, dà l’ok alla proposta di creare nelle zone di confine degli speciali centri di raccolta (Transitzone) riservati ai profughi che vengono dai cosiddetti Paesi sicuri. Un modo, evidentemente, per rendere quasi automatico il loro respingimento, impedendo la «dispersione» nel Paese. Un progetto inquietante, a cui la Spd – per fortuna – si dichiara contraria.