lunedì 26 ottobre 2015

Corriere 26.10.15
La resistenza culturale che abbiamo dimenticato
di Pierluigi Battista

Molti libri si assomigliano non solo per la trama in cui si articolano, ma per lo spirito di cui sono pervasi, per l’atmosfera in cui respirano. Se si legge Proust a Gryazovec di Józef Czapski (appena pubblicato in Italia da Adelphi) è difficile restare indifferente all’immagine dei detenuti polacchi del gulag di Gryazovec che resistono all’annientamento fisico e spirituale aggrappandosi disperatamente alla letteratura, abbeverandosi alle parole del loro compagno che nelle condizioni più disumane recita per loro interi brani imparati a memoria della Recherche proustiana, il romanzo ovviamente messo all’indice dagli aguzzini culturali del totalitarismo sovietico. Una trincea mentale. L’ultimo baluardo d’umanità che resiste nelle teste e nei cuori delle vittime di un sistema mostruosamente oppressivo. Lo stesso stringersi attorno alla forza di un libro, anche nelle condizioni più estreme di abbrutimento e di umiliazione, che si ritrova in una capolavoro come Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi, dove lei, l’insegnante messa al bando nel Medioevo khomeinista, e le sue studentesse più sensibili, riescono a riunirsi nelle loro case, dopo aver eluso la sorveglianza degli energumeni barbuti che lapidano le donne, per commentare libri proibiti e indossare abiti vietati: il libro come rifugio estremo di libertà. Lo stesso rifugio in cui riescono a rintanarsi i due giovani musicisti cinesi che in Balzac e la piccola sarta di Dai Sijie sfuggono alla vigilanza dei carcerieri maoisti, prima riuscendo a suonare Mozart con un violino risparmiato dalla distruzione delle Guardie Rosse («Mozart pensa al presidente Mao», dicono per raggirare i loro carnefici), poi trovando una piccola biblioteca nascosta dove fuggire con i testi di Balzac.
Una resistenza culturale, un eroismo dei libri che noi, nell’Occidente stanco della sua stessa libertà non riusciamo più a provare. A noi non importa più nulla che, come si legge in un documentatissimo libro di Rossana Miranda, Dissidenza 2.0 (edizioni Eir), in tantissimi Paesi i blogger, o semplicemente, gli imprudenti che osano pubblicare su Facebook o Twitter pensieri non conformi agli imperativi dei loro regimi, siano sottoposti a torture o addirittura condannati a morte, in Arabia Saudita come in Iran. Siamo superiori, siamo acrobati del realismo politico. Facciamo alleanza con i peggiori tiranni. Quelli che leggono di nascosto Proust nei lager, se la vedano loro. Se la sono cercata, no?