Corriere 22.10.15
La percezione di una «trappola» che mira a delegittimare Francesco
di Massimo Franco
L’ ultima «polpetta» servita durante il Sinodo è la più rancida. E la più velenosa. Perché la notizia di papa Francesco malato di tumore al cervello si è rivelata in poche ore falsa: anche se offerta al Quotidiano Nazionale di Bologna da fonti verosimilmente così autorevoli da indurre in errore il giornale .
Le smentite vaticane, ben tre, che hanno spazzato via la «verità» clinica, lasciano però spalancata una voragine sui motivi di questa operazione. Verrebbe da pensare che sia stata pensata nel sottosuolo più torbido del Vaticano; e mirata a delegittimare il pontefice. Il secondo obiettivo è evidente. Ma legare d’istinto ad ambienti vaticani questo attacco alla persona di Francesco forse trascura l’ostilità che ambienti anche esterni alla Chiesa nutrono nei suoi confronti.
Qualcuno ha visto con sospetto la tempistica della confessione del teologo polacco Charamsa a proposito della propria omosessualità proprio alla vigilia del Sinodo, con tanto di «lancio» del suo libro. E poi è spuntato il «giallo» della lettera dei cardinali conservatori contro Francesco. Ma quelle erano notizie vere, non assimilabili all’episodio di ieri, nel quale si è andati molto oltre. Anche per questo, attribuire quanto è accaduto nelle ultime settimane a un’unica regia significherebbe forzare un malessere più eterogeneo e diffuso. Questa storiaccia sembra costruita ad arte dai nemici di Jorge Mario Bergoglio per fargli sapere che è nel loro mirino, bersaglio di pallottole impastate con menzogne fangose. Probabilmente, chi l’ha architettata non sperava che la notizia potesse resistere a lungo a una verifica dei fatti.
Ma ha contato su un «effetto polverone»; e soprattutto sulla certezza di insinuare in qualcuno il dubbio che il Papa stia rompendo le incrostazioni più sporche del potere perché difetta di equilibrio; che agisca così perché è «malato», perché il suo cervello ha qualcosa che non funziona. È questo, il messaggio subliminale e inquietante che si è cercato di trasmettere. Riemergono così i fantasmi dell’ultima fase convulsa del papato di Benedetto XVI: quasi fossero una maledizione inscindibile dalla storia recente del Vaticano. Si ripropone un confronto, sebbene improprio, col caso di Dino Boffo, il direttore di Avvenire colpito attraverso il Giornale con false veline diffuse proprio da fonti vaticane per consumare vendette intestine.
Forse, è il secondo calcolo di chi vuole destabilizzare Francesco: fare in modo che nell’opinione pubblica e nelle file ecclesiastiche cresca un senso di insicurezza; che la fase del rinnovamento sia oscurata da un’artificiosa immagine di caos e di resa dei conti; che il presente sia risucchiato nei veleni di prima del Conclave del marzo 2013. È vero che bisogna stare attenti a non farsi prendere dalla sindrome del complotto. Eppure, gli indizi porterebbero a questa tesi, al di là dello scivolone giornalistico. D’altronde, sia il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, sia l’Osservatore Romano , sia persone vicine al pontefice come Antonio Spadaro, al vertice del quindicinale dei gesuiti Civiltà cattolica, evocano una manovra orchestrata.
Prima ieri notte, poi due volte in mattinata, padre Lombardi ha smentito le «irresponsabili illazioni» sulla salute del Papa. Il quotidiano della Santa Sede teorizza che «il momento scelto rivela l’intento manipolatorio del polverone sollevato». E Spadaro ironizza, amaro: «Dopo le menzogne varie si inventano pure la malattia. Ormai non sanno più che dire. Sono alla frutta». Ma a chi si riferisce la terza persona plurale? Chi sono quelli che «inventano»? Il riferimento sembra non tanto al giornale che ha pubblicato il presunto «colpo» ma soprattutto a chi lo ha usato. Persone per ora senza volto: o perché non si vuole o perché non si è in grado di identificarle.
Sono quelli che hanno raccontato lo sbarco del neurochirurgo giapponese, Takanori Fukushima, nell’eliporto del Vaticano per un consulto urgente su un presunto tumore cerebrale benigno di Francesco, nel gennaio scorso. Ma è stato facile verificare che dopo dieci mesi il Papa continua a viaggiare e lavorare come sempre. Fin da martedì notte, dunque, la tesi della malattia appariva una stranezza e sollevava «qualche dubbio»: eufemismo tutto vaticano. Il problema è che col passare delle ore si è saputo che non c’era stato nessun consulto con un medico giapponese, mai; che nessun elicottero con Fukushima a bordo era mai atterrato dentro la Città del Vaticano; e che il neurochirurgo aveva avuto un contatto fugace col pontefice sul sagrato di piazza San Pietro mesi prima, durante un’udienza con centinaia di altre persone.
Lo ha dichiarato lo stesso luminare. Lo ha comunicato Lombardi durante una conferenza stampa. E lo ha certificato il professor Valter Santilli, fisiatra dell’Università La Sapienza di Roma, che cura da anni la sciatica di Francesco e accompagnò il collega giapponese il 1° ottobre del 2014 a piazza San Pietro. Come si riferisce a parte, dopo l’udienza generale Fukushima chiese di potere incontrare Francesco da solo. Ma anche l’udienza fissata per il 29 gennaio del 2015 saltò per motivi di sicurezza: c’era stata da poco la strage a Parigi contro il settimanale Charlie Hebdo .
Colpisce che in Vaticano già ieri mattina quasi tutti avessero la convinzione di una «trappola». Il Papa, informato immediatamente, era caduto dalle nuvole e aveva sottoscritto la smentita «totale». Ma l’allarme era evidente: così palpabile che a qualcuno la reazione netta e ripetuta a colpi di comunicati è parsa perfino eccessiva. Come se tradisse una preoccupazione non tanto per le condizioni di salute di Francesco, quanto per i contraccolpi che queste false notizie possono avere su un Sinodo percorso da tensioni e contrasti difficili da governare e riportare a una sintesi: sebbene tutti scommettano su un finale nel quale l’adesione ai principi della dottrina verrà ribadita e confermata. Con l’avallo convinto del Papa.