Corriere 17.10.15
Riforma Madia
Restano alti i costi dei dirigenti
Efficienza e costi. È noto da tempo che la Pubblica amministrazione ha bisogno di intervenire su entrambe le voci. La cosiddetta riforma Madia dovrà portare efficienza nella Pa, ma restano aperte altre partite. Per esempio il fattore che riguarda i costi. Analizzando i numeri della dirigenza si notano le incongruenze più vistose. Da una ricerca effettuata da Forum Pa infatti emerge che nella pubblica amministrazione italiana ci sono 65.666 dirigenti con 8 contratti diversi. Una sorta di caos disorganizzato che non è neanche la falla più evidente del sistema. Basta analizzare i costi della dirigenza pubblica: lo squilibrio emerge in tutta la su abbagliante chiarezza quando si rileva che gli stipendi di prima fascia vanno da un massimo, nelle agenzie fiscali, di 221.775 euro a un minimo, negli enti di ricerca, di 151.176 euro lordi complessivi. Troppo? Per avere un parametro si possono confrontare le loro retribuzioni con quelle dei pari grado europei. I dirigenti apicali italiani guadagnano 12,6 volte il reddito medio pro capite di un qualsiasi lavoratore italiano. In Francia invece il rapporto è 6,44, nel Regno Unito è 8,48, in Germania 4,97. Nell’ambito del progetto Coordination for Cohesion in the Public Sector of the future è stata effettuata un’indagine di ampia scala su opinioni e percezioni dei manager della Pa in 10 Paesi europei riguardo le riforme del settore pubblico in atto. Ne viene fuori che i dirigenti italiani hanno poca fiducia nella riforma in corso, ancor meno ne hanno i cittadini nei confronti della politica e dei dirigenti pubblici. La maggioranza dell’opinione pubblica ritiene che il posto e lo stipendio della classe dirigente di questo Paese (politici compresi) debba dipendere dai risultati percepibili dai cittadini. In poche parole da come va l’azienda Italia. E senza un reciproco clima di fiducia neanche la migliore riforma possibile può essere efficace.