Corriere 14.10.15
Cucchi, indagati 4 carabinieri «Lesioni aggravate e falso»
La sorella: in Procura conoscono i responsabili della sua morte
di Ilaria Sacchettoni
ROMA Stefano Cucchi sarebbe stato picchiato dai tre carabinieri che lo arrestarono la notte del 15 ottobre 2009. Sono Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco che il pubblico ministero Giovanni Musarò accusa del reato di lesioni aggravate e per questo li ha iscritti sul registro degli indagati.
L’inchiesta bis sulla morte del giovane, avvenuta una settimana dopo all’ospedale Pertini, fa dunque un nuovo e clamoroso passo avanti. Le nuove verifiche sono state avviate grazie alle indicazioni fornite da Ilaria, la sorella di Stefano, e dal suo avvocato Fabio Anselmo, che avevano consegnato alla Procura la testimonianza di altri due carabinieri. Il magistrato ha poi raccolto ulteriori elementi che rafforzano l’ipotesi del pestaggio avvenuto subito dopo il fermo.
Il primo passo era stato l’iscrizione sul registro degli indagati dell’ex comandante della stazione Appia, maresciallo Roberto Mandolini, che avrebbe mentito al processo che vedeva imputati gli agenti della penitenziaria e i medici che ebbero in custodia Cucchi e del suo collega Vincenzo Nicolardi, finito a sua volta tra gli indagati per falsa testimonianza. Ora i militari dell’Arma sotto inchiesta diventano dunque cinque.
Ma quando e in che modo i tre accusati di lesioni aggravate sarebbero intervenuti? Secondo gli inquirenti, Di Bernardo, D’Alessandro e Tedesco avrebbero preso in consegna Cucchi al momento della perquisizione domiciliare in casa dei genitori, dove il ragazzo risiedeva malgrado vivesse in un piccolo appartamento a Morena. Cucchi, arrestato per spaccio dai carabinieri proprio mentre vendeva hashish, era presente alla perquisizione che portò però a un nulla di fatto.
Quel provvedimento e le ricerche nel cuore della notte avevano riacceso nel giovane preoccupazione e rabbia anche perché, ovviamente, non avrebbe voluto far sapere ai genitori di quest’ultima disavventura giudiziaria. Svegliati dai militari che frugavano in casa alla ricerca di prove, i genitori sbottarono, accusandolo di essersi messo nuovamente nei guai. Una delle ipotesi è che il ragazzo se la sia presa con i tre carabinieri e che dunque una volta in strada, al momento di portarlo via, i militari abbiano reagito. Un’altra potrebbe essere che, non avendo trovato nulla in casa del ragazzo e volendo sapere dove era stata nascosta la roba (c’era stata una soffiata alle forze dell’ordine? anche questa è una possibilità) i carabinieri abbiano insistito e se la siano presa con lui. Certamente quella notte i tre non fecero il fotosegnalamento alla stazione del Casilino, com’era previsto. E certamente Mandolini e Nicolardi erano informati di quanto era successo. Quando arrivò in caserma Cucchi doveva già avere i segni di quel pestaggio. «Ho piena fiducia nel procuratore Pignatone e nel pm Musarò. Sono convinta che loro sanno chi sono i responsabili della morte di mio fratello». «Questi carabinieri, ma non solo loro — aggiunge l’avvocato Anselmo — sono i veri responsabili della morte di Stefano. Questa contestazione, che riteniamo essere provvisoria, interromperà la prescrizione. Senza quel o quei pestaggi Stefano sarebbe ancora vivo».