lunedì 7 settembre 2015

Repubblica 7.9.15
L’economista Linda Yueh
“Quella cinese è crisi di crescita durerà per mesi”
intervista di Eugenio Occorsio



I risparmiatori si sono lanciati negli investimenti azionari senza preparazione Il governo con i suoi interventi li ha illusi che fossero protetti poi è scattato il panico
Linda Yueh insegna a Oxford

CERNOBBIO «I cinesi sono molto sensibili alle critiche internazionali. Quando, il mese scorso, l’Fmi ha detto che lo yuan non può essere inserito fra le valute di riferimento nei diritti speciali di prelievo - euro, dollaro, yen e sterlina – né potrà esserlo almeno per un anno, la reazione è stata brusca: voi avete paura che non sia abbastanza solida, allora vi dimostriamo, hanno detto le autorità, che la moneta è sotto il nostro controllo. Così è partita la svalutazione del 3,5%. Una mossa pratica perché effettivamente la valuta era sopravvalutata, e simbolica». Linda Yueh, docente di economia sia ad Oxford che alla London Business School, considerata la più prestigiosa economista cinese, è venuta al Forum Ambrosetti ad offrire quest’inedita lettura della crisi cinese. «Certo, ci sono altri fattori di debolezza, il rallentamento della crescita e la caduta dell’export dell’8% rispetto ai livelli dell’anno scorso. La combinazione di questi tre fattori ha provocato il crollo del mercato azionario».
La fase più difficile è finita?
«Non credo. Altri fenomeni di aggiustamento verranno per parecchi mesi ancora. La Cina sta attraversando una fase di trasformazione cruciale. Sono anni che le autorità dicono che è urgente passare da un modello basato sull’export a uno fondato sui consumi interni, ma la transizione è lunga. La classe media si è formata in Cina non più di dieci anni fa, e ancora oggi equivale come capacità di spesa al 50% del Pil, una cifra inferiore alle maggiori economie. In Gran Bretagna per esempio si parla di un 60-75%. E se una ristretta cerchia di persone si è lanciata nello shopping in Cina e all’estero, una fetta immensa di popolazione vive con non più di 10mila dollari l’anno».
Si è detto che la crisi della Borsa è stata dovuta al fatto che una gran massa di cinesi si è lanciata negli investimenti azionari.
«C’è una diffusa impreparazione, e una carenza di strumenti d’investimento alternativi. Il governo ha fatto un errore quando all’inizio del crollo è intervenuto con massicce iniezioni di capitale dando l’impressione che l’investimento in Borsa fosse garantito, poi ha smesso, insomma ha accentuato il panico».
Lo yuan svalutato darà concreti vantaggi? Non si era detto che l’export deve diventare meno importante a favore dei consumi interni?
«Il processo è lungo. Uno dei vantaggi è che una valuta debole genera inflazione interna, che in questo momento è benvenuta perché anche in Cina il calo delle aspettative sta generando deflazione. Sono 40 mesi consecutivi che i prezzi sono in discesa per l’indebolimento dell’economia nel suo complesso».
Ma esiste qualche cifra attendibile sull’ammontare della frenata?
«Questo è un altro punto difficile. Le statistiche in Cina non sono molto accurate. Con ogni probabilità non si raggiungerà il 7% promesso, ma è difficile capire a quale livello ci sia oggi, c’è chi dice il 6, chi il 3,5. La verità forse sta nel mezzo».