domenica 6 settembre 2015

Repubblica 6.9.15
Un fiume vivo può liberare i migranti dai ghetti
di Eugenio Scalfari


IL TEMA dei migranti ha di fatto spostato profondamente tutte le priorità finora dominanti. Restano certamente del massimo rilievo i problemi della crescita economica, la crisi di tutti i Paesi emergenti a cominciare dalla Cina e dal Brasile, gli interventi delle Banche centrali per sostenere l’assetto sistemico delle forze produttive, dei debiti sovrani, del credito bancario. Queste realtà richiedono, anzi impongono attenzione e concreti interventi ma, nonostante la loro rilevanza, passano in seconda linea di fronte al tema dei migranti.
Le realtà sistemiche riguardano interessi generali ma non valori etico-politici; il tema delle migrazioni di massa investe invece direttamente e drammaticamente i valori, che non sono ideali astratti, ma incidono anche sugli interessi collettivi e individuali; chiamano in causa il destino e la vita delle persone, delle famiglie, delle comunità, dei popoli.
Interi popoli sono in movimento in tutto il pianeta e in modo particolare in Africa, nel vicino Oriente, nell’Asia centrale e nell’Asia del Pacifico. Fuggono da guerre, stragi, povertà; hanno come destinazione i Paesi e i continenti di antica opulenza, suscitando rari sentimenti di accoglienza e molto più frequentemente reazioni di chiusura e respingimento.
Questo tema ha ripercussioni sociali, economiche, demografiche, politiche; durerà non meno di mezzo secolo, cambierà il pianeta, sconvolgerà le etnie vigenti, accrescerà ovunque le contraddizioni che sono il tratto distintivo della nostra specie; tenderà ad avvicinare le diverse religioni ma contemporaneamente ecciterà i fondamentalismi e i terrorismi che ne derivano.
ESALTERÀ le libertà individuali e le mortificherà con nuove e diffuse forme di schiavismo e traffico di persone; configurerà nuovi diritti e cancellerà i vecchi che ne costituiscono la base.
Ieri sul nostro giornale il direttore Ezio Mauro ha descritto con eccezionale efficacia la storia di quegli individui che vengono ridotti a nudi corpi, marcati sulla pelle da numeri per distinguerli e perseguitarli con maggiore determinazione. Quelle operazioni di massa avvengono al centro dell’Europa, in nazioni che sessant’anni fa giacevano ancora in una servitù etnica e politica e si ribellarono proprio per recuperare quella libertà che oggi conculcano per difendersi dai migranti.
Così facendo — scrive Mauro — quei popoli non si rendono conto di ridurre essi stessi a nudi corpi privi di valori; creano ghetti dove rinchiudere i nuovi arrivati, ma quel che resta a loro è un altro ghetto dove si auto-rinchiudono di propria iniziativa. Dove andranno i polacchi, gli ungheresi, gli slovacchi, se l’Occidente li isola per loro stessa scelta? Andranno verso la Russia? Escluso, è la storia che glielo impedisce. Ecco perché anche i loro Paesi rischiano di diventare nient’altro che ghetti. Ma spesso le contraddizioni sono anche positive. Questa, descritta da Mauro, porta con sé la riscoperta dei valori europei ed è stata la Germania della Merkel a farsene promotrice avendo con sé il grosso dell’opinione pubblica del suo Paese e del resto d’Europa: società civili, istituzioni, forze produttive, club sportivi, studenti, intellettuali.
Nella conferenza di due giorni fa a Francoforte sulla situazione monetaria europea, un giornalista ha chiesto a Mario Draghi una parola che definisse che cosa pensava degli avvenimenti nell’Est europeo contro gli immigrati. La risposta è stata la parola “orripilato” scandita e ripetuta due volte.
Così lo siamo tutti, con tre eccezioni, due delle quali sono purtroppo italiane: Salvini, Grillo, Le Pen. Ma è lecito prevedere che una parte dei loro attuali consensi populisti li abbandoneranno al momento del voto. *** L’aspetto positivo dello sconquasso in corso è il risveglio dell’Europa e dell’Occidente, non soltanto dei valori dei quali abbiamo già detto ma del suo massimo rafforzamento in termini di governo. L’Unione politica ed economica fin qui ha fatto passi avanti, limitatamente, per quanto riguarda l’economia, ma assai pochi nelle cessioni di sovranità politiche.
Già il terrorismo dell’Is aveva sottolineato questa necessità, ma dopo un’esaltazione transitoria quel risveglio si è nuovamente appisolato. Ora però si tratta di migranti, di centinaia di migliaia di persone che dal Sud e dall’Est bussano alla porta d’Europa e i membri dell’Ue — in certi casi perfino dell’eurogruppo — che si chiudono nel loro ghetto senza vie di uscita.
Si aggiunga a questa insensata diffidenza l’atteggiamento quasi analogo della Danimarca e quello decisamente inaccettabile della Gran Bretagna. Il premier inglese Cameron aveva promesso un conservatorismo moderato; invece sul tema delle immigrazioni è andato molto al di là. Di fatto ha chiuso la porta in faccia alla Germania, ha ribadito l’intangibilità del trattato di Dublino, ha ricordato che la Gran Bretagna accoglie più immigrati di qualunque altro Paese europeo e forse mondiale.
Quella affermazione è vera e non è vera. Gran parte di quelli che oggi Cameron definisce immigrati sono cittadini britannici da quando sono nati nei loro Paesi di origine che non erano più colonie ma membri dei Commonwealth con tutti i diritti che quello “status” gli aveva concesso, tra i quali la cittadinanza. Alla fine del colonialismo molti di quelli (indiani soprattutto) si trasferirono in Gran Bretagna. Sono immigrati? No, non lo sono.
Cameron in realtà si sta staccando dall’Unione mentre era sembrato che volesse semmai stringere di più i vincoli d’appartenenza europea. Sarebbe interessante sentire in proposito che cosa ne pensa Tony Blair. I voti, dice lui, si prendono al centro e anche a destra. Con questi bei risultati?
Resta comunque il tema dei popoli migranti, che va molto al di là perfino della buona volontà della Merkel. Non si tratta purtroppo del milione di migranti in fuga dalla Siria, dalle coste greche e libiche, dalla Turchia, dalla Somalia, dal Sudan. E neppure si tratta di quei cinque milioni che già preparano la fuga dall’Africa subsahariana.
In realtà, soltanto in quell’Africa, i potenziali migranti sono un popolo di cinquanta milioni e si va ben oltre se si aggiungono le popolazioni addensate in Pakistan, in Indonesia, nell’India meridionale, nelle Filippine.
Le regole che l’Europa dovrà approvare nello stato attuale delle nostre istituzioni riguardano sostanzialmente l’emergenza. Ma quest’emergenza, anche se continuiamo a chiamarla così, durerà a dir poco mezzo secolo e se l’Europa non accelera il mutamento della sua governance, affonderà in un pantano.
Prendo un esempio italiano. Il nostro presidente del Consiglio è pienamente d’accordo con la Merkel e con Hollande per quanto riguarda gli immigrati in fuga da paesi di guerra e di strage e sta facendo allestire in Italia presto e bene capacità di accoglienza anche maggiori di quelle attuali. Contemporaneamente però manda più o meno a quel paese la Commissione europea per quanto riguarda la politica fiscale italiana che la Commissione gli rimprovera (con molta moderazione). La cosa preoccupante è che anche il nostro ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, è in questo caso d’accordo con lui. In più si attende maggiore flessibilità dalla Commissione per attuare una politica di “deficit spending”.
Può darsi che quella politica sia ciò che è ora necessario. Personalmente ne dubito. La sola vera politica per rilanciare gli investimenti sarebbe nel concentrare tutte le risorse sul cuneo fiscale: una decontribuzione di massa, questa è la soluzione, non di abolire l’imposta sulla prima casa.
Ma il punto vero è questo: dove si discute questo problema ed altri analoghi? In uno Stato federale? Allora non sarebbero né Renzi né Hollande né la Merkel a discutere, ma un Parlamento europeo, una Presidenza europea e un governo europeo, cioè la Commissione eletta dal Parlamento.
Per l’intanto ci vogliono leggi che diano slancio agli investimenti pubblici e interventi di incentivo a quelli privati. Draghi il suo “bazooka” sulla liquidità, l’acquisto di titoli di Stato, le facilitazioni ai privati, li sta spingendo al massimo. Una parte cospicua del famoso tesoretto che fa diminuire il nostro deficit tra Pil e debito viene dagli interventi di Draghi ed anche il ministro dell’Economia lo ammette. Ma solo l’abbassamento del cuneo fiscale procurerebbe la creazione di nuovi posti di lavoro. Il resto sono chiacchiere.
***
Quanto ai migranti, le voci che sono in grado di parlare al mondo sono due soltanto: quella del presidente Usa, che a questo punto è il capo della sola, unica potenza mondiale. Dunque Barack Obama. L’altro, perfino più di lui, è papa Francesco.
Il solo modo non di abolire ma di moderare le migrazioni di interi popoli è di educarli civilmente e professionalmente sulle terre dalle quali vogliono andarsene. Bonificare eticamente quelle terre. Trasformare le loro plebi in popoli.
Domenica scorsa scrissi che il mondo aveva bisogno di migliaia e migliaia di angeli custodi, cioè d’un volontariato capace di svolgere quella funzione educativa, protetto dalla sponsorizzazione delle grandi potenze. Il plurale è d’obbligo ma è metaforico: la grande potenza è una sola. Unita a quella d’un Papa come l’attuale, quegli angeli custodi sarebbero l’aiuto del quale il mondo ha bisogno in questo fine d’epoca che stiamo vivendo.
In un messaggio inviato ieri alla Chiesa argentina, Francesco ha parlato d’un fiume di acqua viva che nel suo scorrere irrora uomini, terre, natura e vita. Eraclito aveva scritto “Tutto scorre”. E questa è l’immagine con la quale chiudiamo queste considerazioni.