giovedì 3 settembre 2015

Repubblica 3.9.15
Il limite massimo alla pazienza dei romani
di Sebastiano Messina


LA MISSIONE segreta che si è autoassegnata Stefano Esposito, il torinese nominato assessore ai Trasporti del Campidoglio, dev’essere quella di individuare con la massima esattezza il limite di sopportazione del cittadino romano. Una volta escluse le altre possibili spiegazioni – il raptus di follia, il desiderio di far crollare la giunta di cui fa parte e l’abuso di superalcolici – questa è l’unica che sta in piedi, dopo aver ascoltato l’imbarazzante confessione di Esposito agli impertinenti microfoni de «La zanzara». Perché il romano, che di suo è tollerante, può anche lasciar correre se il nuovo assessore ai Trasporti confessa con sfrontato candore di non sapere dove porti il 64, che è l’autobus più famoso della capitale perché va da Termini a San Pietro. Il romano può anche chiudere un occhio, se il medesimo assessore ai Trasporti ammette di «non avere idea» di quanti siano i tassisti romani – glielo diciamo noi: sono 7661 - bastandogli di sapere che «ce ne vorrebbero di più».
Ma se c’è una cosa su cui il romano non transige, la questione che considera più seria di ogni altra e per la quale è capace di togliere il saluto al vicino di casa e persino di rompere un’amicizia, questa è il tifo. Basta guardare le facce di romanisti e laziali dopo un derby finito 3-0, e leggere negli occhi di chi ha perso lo stesso sguardo vuoto e disorientato che avevano gli americani dopo l’assassinio di Kennedy, per capire che il calcio è una faccenda molto seria. A Roma come a Torino.
E il torinese Esposito lo sa benissimo, visto che ha tenuto a sottolineare di non essere né romanista né laziale, ma tifoso bianconero. Anzi, «ultrà della Juve». Avrebbe potuto fermarsi qui. Faccio l’assessore a Roma, poteva dire, ma sono juventino: come Veltroni, che è stato pure sindaco. E invece no. Doveva fare il suo esperimento sulla sopportazione dei romani. Dunque, a domanda ha risposto: «Ho gridato “Roma merda” una quantità di volte che non sono neanche in grado di contare. Tantissime». Poi, per togliere ogni dubbio, ha pure canticchiato in diretta quel simpatico coretto da pre-scazzottata, che faceva così: «Roma merda, Roma Roma merda…». Non dev’essergli sembrato abbastanza. E allora ha aggiunto: ho pure fatto a botte, «qualche rissa l’ho fatta ». Ma bravo. E adesso che è diventato un amministratore della capitale, un assessore del Campidoglio, s’è pentito di tutto ciò? Ma neanche per sogno. «Se la Roma non vince lo scudetto, godo» ha scandito.
Non è difficile dunque indovinare la domanda che stamattina passerà per la testa al cittadino romano (e romanista) quando si stancherà di aspettare uno di quei taxi di cui l’assessore ignora il numero, e salirà – rassegnato a viaggiare come una sardina in scatola - su quel 64 di cui l’assessore ignora il percorso: «Ma quali peccati abbiamo commesso, per meritarci questo Esposito?».