mercoledì 2 settembre 2015

La Stampa TuttoScienze 2.9.15
Come cresce una foglia? E chi sono io?
“Solo la biologia quantistica lo sa”
Che cosa rivelano gli ultimi esperimenti alla frontiera estrema della vita
di Gabriele Beccaria


Come si orientano gli uccelli migratori? Come riescono le piante a processare l’energia solare attraverso la fotosintesi? Come fa il Dna a regolare le proprie mutazioni? Come si genera la coscienza individuale a partire da reti di miliardi di neuroni?
Sono interrogativi sufficienti per impegnare folle di scienziati per anni. Al momento i misteri prevalgono sulle certezze, eppure le informazioni si stanno accumulando e il filo rosso che intreccia queste avventure nei mondi più estremi è una disciplina così nuova che deve ancora superare la barriera dei laboratori e approdare alla notorietà. Si chiama biologia quantistica e la definizione evoca un’aura di enfasi che poche altre scienze possiedono. Il motivo? Raccoglie indizi e dati che stanno dando vita a una teoria più che promettente: le stranezze del mondo subatomico - quello, appunto, della meccanica quantistica - puntano a spiegare molti processi della vita e molti dei successi evolutivi più spettacolari, compresa la nostra autoconsapevolezza.
Ecco perché il fisico Jim Al-Khalili è stato invitato al Festival della Mente di Sarzana: è autore con il biologo Johnjoe McFadden del saggio «La fisica delle vita», edito da Bollati Boringhieri. Che rappresenta il primo tentativo di raccontare ai non-biologi e ai non-fisici che cosa significa osservare molecole e cellule con la logica degli elettroni e dei quark, spalancando scenari spesso controversi.
Professore, è vero che volete rivoluzionare la stessa idea di vita?
«Direi che è ancora un po’ presto. Al momento si sta riflettendo su questa possibilità, dato che iniziamo a identificare alcuni fenomeni quantistici presenti nelle cellule».
Lei, però, ipotizza che la vita possa rappresentare un ponte tra due mondi al momento poco conciliabili, come la realtà quantistica (invisibile) e la realtà newtoniana (la nostra): com’è possibile?
«È certo che la vita rappresenti l’unico esempio di un sistema complesso, formato da trilioni di atomi, sotto il controllo di una singola molecola, il Dna. Non c’è nulla di paragonabile nel mondo inanimato: la vita, in questo senso, è davvero un evento speciale».
E non è un caso che proprio i fisici l’abbiano messa sotto i riflettori, a cominciare da un padre della disciplina come Erwin Schrödinger con il celebre saggio del 1943 «What is life?».
«È stato, in effetti, il caso più famoso, anche se ci sono stati altri studiosi prima di lui, già negli Anni 20 e 30 del Novecento, come Pascual Jordan: tutti si interessarono molto alla biologia. Ma è solo nell’ultimo decennio che sono stati condotti i primi esperimenti, per esempio con la spettroscopia. E stavolta i protagonisti sono stati i chimici, che rispetto ai fisici e ai biologi stanno in una zona di mezzo. È così che la biologia quantistica è entrata di colpo in scena».
Lei ora di che cosa si occupa?
«Sono un teorico ed elaboro modelli del Dna al computer: l’obiettivo è testare le ipotesi sul ruolo del “tunnel quantistico” - la capacità di una particella di superare una barriera arbitrariamente alta di energia potenziale - nelle mutazioni del codice genetico. Ma questo è un fenomeno importante anche per capire gli enzimi».
E in laboratorio, invece, che cosa stanno cercando i suoi colleghi sperimentali?
«La teoria è più avanti degli esperimenti. Ma ci sono molte strade da seguire: una è quella dei laser. Si inviano impulsi di luce in una molecola e se ne analizza il ritorno per capire la struttura della molecola stessa. Resta il fatto, però, che i test sono difficili: se in fisica è possibile isolare i vari sistemi e identificare parametri specifici, in biologia si devono affrontare tanti processi diversi e tante reazioni differenti allo stesso tempo. È una sfida: come si può “domare” la vita, facendo sì che resti tale?».
Lei cita esempi straordinari: la magnetorecezione dei pettirossi, un effetto quantistico grazie al quale si «vede» il campo magnetico, o la fotosintesi, che con il fenomeno dell’«entanglement» massimizza l’accumulazione dell’energia. Ma che cosa rivela dell’uomo la biologia quantistica?
«La prospettiva più eccitante resta la consapevolezza. L’aveva già intuito un quarantennio fa Roger Penrose, ma siamo agli albori. Di certo il cervello rappresenta uno dei campi di studio più importanti e oggi la mente viene indagata lungo tante direzioni. L’approccio è sempre più interdisciplinare, anche se il dialogo tra scienziati è tutt’altro che semplice. Ce ne siamo accorti io e Johnjoe scrivendo il libro. Spesso, leggendoci l’un l’altro, ci dicevamo: “Ma cosa intendi per questo?”. Ho capito che non bisogna mai affezionarsi troppo alle proprie parole».