La Stampa 5.9.15
Il veto dei Paesi dell’Est: “Quote Ue inaccettabili”
Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria dicono no a un meccanismo di redistribuzione obbligatoria dei rifugiati
di Marco Zatterin
Siamo al «muro contro non-muro», questa volta. I Paesi del gruppo di Visegrad - Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria - respingono senza mezzi termini l’idea lanciata da Germania e Francia di elaborare un meccanismo permanente di redistribuzione obbligatoria dei rifugiati in caso di emergenza. «Inaccettabile», attaccano i Quattro che, così facendo, ampliano la frattura fra Ovest e Est nell’Europa che vorrebbe parlare con una voce sola di fronte alla marea dei milioni che fuggono dal disastro.
Finalizzare quote accettabili e la riforma dell’Asilo sarà dura. Forse non basterà un compromesso all’europea. Occorrerà uno strappo, necessario per difendere il valore della solidarietà su cui è fondata l’Unione. E non solo quello.
Il pacchetto operativo
Mercoledì la Commissione diffonderà il suo pacchetto operativo, che dovrà essere esaminato dal Consiglio straordinario dei ministri degli Interni del 14 settembre. L’aria si è fatta così tesa che più fonti lasciavano intendere l’ineluttabilità di un vertice europeo dei leader a stretto giro. Le misure in arrivo - la distribuzione temporanea di altri 120 mila rifugiati, la riforma del regolamento di Dublino, le chiavi per un asilo che sia uguale in tutti gli Stati e la stretta sui rimpatri di chi non ha diritto di restare - possono andare avanti anche senza i Quattro, però si vuole cercare di mantenere la pattuglia unita.
Oggi faranno una verifica politica i ministri degli Esteri, riuniti a Lussemburgo. «L’Europa ha bisogno di una politica comune sui rifugiati», ha detto il tedesco Frank-Walter Steinmeier. «Occorre un diritto di asilo comune - ha affermato l’italiano Paolo Gentiloni -: se non lo facciamo e lasciamo a ciascun Paese la gestione dei problemi, rischiamo molto su Schengen». Il primo vice presidente della Commissione, Frans Timmermans, ammette che «la situazione è peggiorata» e conferma «una proposta potenziata per la ricollocazione, in particolare per i tre Paesi più colpiti». La prima versione, approvata con gran fatica in luglio, ha evidenziato le differenze nell’Ue riuscendo a ridistribuire solo 32 mila rifugiati su 40 mila.
I Quattro dell’Est frenano ancora sulle quote, soprattutto su quelle obbligatorie e permanenti, anche se bisognerebbe ricorrere a loro solo in caso estremo. Diverso potrebbe essere il discorso sui 120 mila temporanei, perché Bruxelles suggerisce il sistema del «buy out» che consente di partecipare finanziariamente allo sforzo degli altri senza ospitare alcun immigrato. I Visegrad chiedono di applicare le regole di Dublino alla lettera: chi arriva deve restare dove sbarca. Ma il grosso dell’Europa vuole andare avanti. Misura gli schieramenti e conta i voti.
Il team di comando
Le «quote» sono state sin dall’inizio un’idea tedesca. A Berlino erano considerate la via semplice per costringere tutti a partecipare a un gioco in cui la Germania era suo malgrado protagonista. Dividendo la torta, il Paese avrebbe potuto ridurre l’impegno, cosa che il gonfiarsi della marea non ha reso possibile (prenderà 800 mila siriani). Visto che la formula volontaria ha fallito, ora si vogliono quote vincolanti. Lo chiede anche la Francia che in origine storceva il naso, il presidente Hollande temeva il contraccolpo populista. Ora Parigi è in linea. L’Italia è ovviamente al vento, pur se deve accelerare con gli hot spot e i controlli per dimostrarsi responsabile oltre che solidale. Gli svedesi sono il simbolo trascurato, i primi che con forza hanno detto che serviva tutta la forza dell’Unione.
Gli inseguitori
Olandesi, austriaci, lussemburghesi sono pronti a unirsi al gruppo di testa. Le posizioni della Spagna sono in evoluzione verso il positivo e così i portoghesi. L’Estonia è il solo baltico che ha mostrato evidente simpatia per l’operazione riforma asilo e quote. Intermedia la Polonia, che è disposta a dare una mano, però non vuole alcun vincolo o imposizione. Più decisi i croati che temono un nuovo muro al confine magiaro.
Visti da fuori
Danimarca, Regno Unito e Irlanda hanno titolo per non partecipare alla ripartizione. Eppure non si esclude che lo facciano una volta trovata la formula giuridica giusta.
I No-Migrants
Le quote sono «irresponsabili», ha ribadito il premier ungherese Orban, il principe dei Muri. Lo slovacco Robert Fico è «semplicemente contrario» all’idea. Entrambi prevedono che, con la ripartizione obbligatoria, finiremo per essere «sommersi da migliaia di arabi». Il bulgaro Borissov è su una posizione appena più morbida. Secco il «no» di Praga. Giurano che non molleranno. Con l’aria di chi dice davvero quello che pensa.