venerdì 4 settembre 2015

La Stampa 4.9.15
La Cina mostra il suo arsenale al mondo
Xi Jinping: non cerchiamo l’egemonia. Ma a Pechino sfilano i nuovi armamenti
di Ilaria Maria Sala


All’uscita del Memoriale del Massacro di Nanchino, perpetrato nel 1937 dalle truppe giapponesi, c’è una scritta, non tradotta, con uno slogan che incita a «non dimenticare quello che succede quando un Paese è debole. Impegnarsi a costruire un Paese forte». Ieri Pechino ha voluto mostrare proprio di essere un Paese militarmente forte e autosufficiente. Una parata militare imponente ha messo in bella mostra armi del tutto made in China in una città blindata. Il tutto dinanzi a Putin e ad altri leader e ministri (c’era per l’Italia il capo della Farnesina Paolo Gentiloni).
L’84% di queste armi - fra cui bombardieri 6K, missili balistici Df-16 e Df-21 D, e Carrier-20 – non erano mai state mostrate prima. Non si tratta di una coincidenza: la parata si è tenuta nel giorno della resa del Giappone, ovvero il 70esimo anniversario del «Giorno della vittoria contro il fascismo» - chiamato in cinese il giorno della «Vittoria del popolo cinese nella resistenza al Giappone» - ed è servita a mettere sotto gli occhi di tutti che l’esercito cinese, oggi, può difendersi e combattere.
Messaggio agli Usa
«Certo, la parata voleva impressionare i cinesi - commenta Willy Wo Lap Lam, professore alla Chinese University di Hong Kong e autore di un recente volume su Xi Jinping -, ma per Pechino lo spettatore privilegiato restano gli Stati Uniti, e in secondo luogo il Giappone. Con le armi mostrate, in particolare i missili balistici a doppia testata nucleare, la Cina ha voluto mostrare a Washington che ha la capacità di contrattacco atomico». Non è forse un caso che in serata, quando a Pechino era già notte, Obama ha diffuso un comunicato chiedendo esplicitamente riforme a Xi. Taiwan, che dal 1949 (dopo che i Nazionalisti di Chiang Kai-shek persero contro le truppe comuniste di Mao Zedong) è autogovernata ma che Pechino vuole sotto il suo controllo, può essersi inquietata davanti a un tale dispiego di forze ma, osserva Lam, «tenendo la parata a Pechino, Xi Jinping ha deciso di non mostrare le nuove armi della Marina che potrebbero attaccare Taiwan. Queste restano segrete».
Esercito più snello
Nel discorso di apertura il leader cinese ha detto che non cerca l’egemonia e ha promesso che l’esercito «sarà snellito di 300.000 unità». Tuttavia, si tratta di una riduzione che non deve trarre in inganno: a essere «rottamati» saranno i gruppi «artistici» e altro personale non combattente, al fine di creare un’armata più snella, tecnologica e potenzialmente più micidiale. La parata è stata in stile totalitario: suono di stivali sull’asfalto, il saluto delle truppe da parte di Xi Jinping, che oltre a essere Presidente è anche il Capo delle Forze armate, e poi la grande sfilata di artiglieria, missili, carri armati, soldati (fra cui anche qualche contingente dall’estero, soprattutto da Paesi amici come Russia, Pakistan e Afghanistan). Pochi i veterani di guerra dato che, malgrado ieri si sia celebrato un Partito Comunista vittorioso, coloro che combatterono contro i giapponesi furono in particolare i nazionalisti del Kmt, oggi rifugiati a Taiwan: «Il Partito comunista cinese non ha combattuto i giapponesi. Anzi, il suo odio per i nazionalisti è stato tale che, fino alla morte di Mao, i soldati del Kmt sono stati imprigionati, perseguitati, spediti al fronte durante la Guerra di Corea», ricorda lo storico Frank Dikotter della Hong Kong University.
Orgoglio nazionale
Ma fra gli spettatori incollati ai televisori pochi hanno badato a questi dettagli: anche tenendo conto della censura, i commenti critici sono stati pochissimi, e la maggior parte degli osservatori ha guardato orgogliosa e commossa i nuovi, pericolosi giocattoli militari nazionali.