La Stampa 19.9.15
Immigrati, quella brutta legge della Lombardia
di Ugo De Siervo
Tre giorni fa il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato un ampio testo di legge relativo agli interventi di questa Regione «in materia di turismo», disciplinando -fra l’altro - la possibilità di contributi ed agevolazioni per le strutture ricettive alberghiere.
A quest’ultima disposizione sono stati però presentati da parte di esponenti della Lega Nord due emendamenti, secondo i quali sarebbero stati esclusi da possibilità del genere chi avesse ospitato immigrati privi di permesso di soggiorno o che non avessero ancora ottenuto lo status di rifugiato; oppure addirittura sarebbero stati sanzionati economicamente gli imprenditori che avessero ospitato «soggetti entrati illegalmente in territorio italiano» (e cioè tutti gli altri profughi). Ma in tal modo si discriminavano palesemente le libere scelte di tanti imprenditori alberghieri, eventualmente anche in conformità con quanto suggerito dalle autorità statali competenti in materia di immigrazione.
Pertanto, dopo le vivaci reazioni che mettevano in evidenza la manifesta disarmonia di ipotesi del genere con la politica nazionale di accoglienza dei profughi, l’assessore competente ha presentato un meno radicale sub-emendamento – che è stato accolto dalla maggioranza dei consiglieri regionali, seppur sempre fra non poche polemiche - secondo il quale dovrebbero essere esclusi da contributi ed agevolazioni gli imprenditori alberghieri che non possono dimostrare di aver ottenuto nel triennio precedente entrate provenienti soltanto «dall’attività turistica» e cioè non derivanti dall’accoglienza di persone ospitate per altri motivi. Inoltre, tramite un’aggiunta ulteriore, si è anche ammesso che gli albergatori possano giustificare entrate derivanti da attività conseguenti a situazioni originate da «calamità naturali», «disastri naturali o incidenti di particolare rilevanza», o alla necessità di dare esecuzione a «specifici provvedimenti coattivi».
Ma anche queste disposizioni più «moderate» fanno emergere seri dubbi di costituzionalità sia sul piano della ragionevolezza che su quello del rispetto della competenza esclusiva dello Stato in materia di immigrazione. Infatti non può sfuggire che il legislatore lombardo arriva a escludere dalle attività di accoglienza in una struttura alberghiera tutte quelle che non definisce «turistiche», quasi che sia indispensabile che la permanenza sia finalizzata a interessi meramente turistici e non a tutte le attività che i clienti liberamente scelgano. Ma poi il recupero di varie situazioni di emergenza che è stato operato con il testo infine approvato esclude, a ben vedere, proprio le situazioni derivanti dalle politiche di immigrazione, a meno che non siano fatte consistere in ipotetici «provvedimenti coattivi»: ma assumere scelte del genere od operare altrimenti spetta allo Stato e non certo al legislatore regionale.
Penso quindi che di questa brutta norma si sentirà ancora parlare, quando il Governo o qualche interessato si rivolgeranno alla Corte Costituzionale contestandone la compatibilità costituzionale. Già così un danno serio è stato però fatto alla nostra società, che non ha certo bisogno della diffusione di nuove tensioni e di polemiche false ed ingiuste verso gli imprenditori che hanno accolto i migranti, quasi che, invece, uno dei nostri principali valori costituzionali non sia la solidarietà: occorrerebbe sempre ricordarsi che il fondamentale art. 2 della Costituzione non solo «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo», ma richiede a tutti noi «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».