domenica 13 settembre 2015

Il Sole Domenica 13.9.15
Ernesto De Martino (1908-1965)
Antropologo del rimorso
A 50 anni dalla morte si ricorda il maestro dell’«etnocentrismo critico», famoso per i suoi studi sul «tarantismo»
Amalia Signorelli, Ernesto De Martino. Teoria antropologica e metodologia della ricerca, Roma, L’Asino d’oro, pagg. 138, € 18,00.
di Alessandro Pagnini


Per le celebrazioni del cinquantenario della morte di Ernesto de Martino, si prevedono in tutta Italia eventi e convegni, dal prossimo novembre al maggio del 2016. Andrea Carlino, storico della medicina a Ginevra, coordina un comitato scientifico d’eccellenza che coinvolge importanti associazioni, istituzioni, università e anche amministrazioni locali (dall’Associazione Internazionale Ernesto de Martino, alla Fondazione Istituto Gramsci, all’Istituto dell’Enciclopedia Treccani), che saranno garanti della qualità e della rilevanza internazionale delle iniziative dedicate al grande antropologo italiano. La Fondazione Premio Napoli, il Comune di Galatina, le Università di Perugia e della Basilicata ospiteranno manifestazioni e seminari che verranno conclusi da un convegno internazionale di studi presso l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana a Roma. Intanto, si registra la pubblicazione di alcuni lavori di rilievo: uno monografico, dell’allieva più vicina a de Martino, Amalia Signorelli, sulla teoria e il metodo di ricerca del maestro; altri due (che vanno ad aggiungersi al Focus Storia e memoria del tarantismo, curato da Alessandro Arcangeli e Andrea Carlino per «Medicina & storia», XIII, 3 n.s., 2013) sulla storia, l’antropologia e la “politica” del fenomeno del tarantismo; un altro ancora che raccoglie con rigore filologico e dovizia di informazioni storiche due epistolari di de Martino con Macchioro e Pettazzoni, epistolario di grande interesse per la storia delle religioni e la storia della cultura del Novecento. Si segnala, infine, il recente numero unico della rivista «aut aut» che raccoglie autorevoli voci su vari aspetti della vita e dell’opera di de Martino.
Di grande interesse storico è il testo Della tarantola, del medico romano della seconda metà del ’600 Giorgio Baglivi, allievo di Marcello Malpighi, qui edito con il testo latino a fronte a cura della storica della medicina Concetta Pennuto; testo che, come lo stesso de Martino ebbe a riconoscere, segnò la consegna del fenomeno del tarantismo da una curiosità quasi esclusivamente etnografica, tipica della cultura rinascimentale, ad un approccio più marcatamente medico-scientifico, ispirato al metodo empirico baconiano, ma non senza una problematizzazione dei confini tra descrizione naturalistica, teoria medica e “osservazione partecipante”. Sorprende come i termini dell’approccio metodologico di Baglivi siano i termini che ritroviamo pressoché intatti nelle discussioni epistemologiche sulle “scienze umane” quando de Martino scrive, nel ’41, Naturalismo e storicismo nell’etnologia. Il suo La terra del rimorso, poi, pubblicato nel ’61, costituirà un punto di non ritorno nell’ermeneutica e nell’analisi del fenomeno del tarantismo, non più mero effetto causale del morso di un ragno, ma una vera e propria “religione del rimorso”, e infine un campo di azioni, di rappresentazioni e di pratiche veicolato da “retoriche” di ogni genere, psichiatriche, poetiche, politiche; e sarà anche, come gli stessi Signorelli e Pizza rilevano, il testo che più di ogni altro del genere diventerà esemplare di un modo di concepire l’antropologia, senza costrizioni disciplinari, in una spregiudicata apertura verso il sapere scientifico, filosofico e storico in generale, nel disincanto di un mondo di “oggetti” la cui stessa esistenza e rilevanza dipende dallo sguardo e dall’interesse specifico, senza alcuna pretesa di esaurirne il significato. Amalia Signorelli, che scrive anche pagine toccanti di autobiografia intellettuale, ci parla della lezione di de Martino come di una lezione metodologica e morale insieme. De Martino fu maestro di “etnocentrismo critico”, contro il relativismo e il nichilismo imperante in tanta antropologia e filosofia del Novecento, e comunicò una sorta di “ethos del trascendimento” che, nel prescrivere un oltrepassamento dei dati grezzi e una rigorosa consapevolezza delle premesse categoriali nella ricerca, diventa un tentativo esemplare di fondare l’epistemologia sui valori. E mentre la ricostruzione di Signorelli è prevalentemente “interna” all’opera e all’insegnamento di de Martino, quella di Pizza è più interessata a rivedere i rapporti intellettuali del grande antropologo (con Croce, Gramsci, fino a Jervis) e a sviscerare il peso che le “politiche della cultura” hanno avuto tanto nella ricezione dell’opera di de Martino quanto nelle vicende stesse del suo lavoro sul campo (pienamente condivisibili le pagine che Pizza dedica alle “tradizioni” e alle “identità” come “invenzioni”; pagine che fanno riflettere anche ben oltre l’orizzonte dell’”antropologia pubblica” che Pizza prospetta).
Nonostante de Martino sia riconosciuto come il padre putativo dell’etnomusicologia e dell’antropologia visuale italiana, le sue fortune sono venute più dalla considerazione di storici e filosofi che non di antropologi. Paolo Rossi che, nei suoi anni di straordinariato a Cagliari, era stato suo collega, seppe cogliere un aspetto fondamentale dell’insegnamento di de Martino, il quale mai concesse alla voga antioccidentalistica e antimoderna di tanta filosofia e di tanta politica. Rossi ne apprezzò profondamente l’incrollabile razionalismo, “scandaloso” negli anni sessanta e settanta, come continua a esserlo oggi: «Il mondo magico che de Martino aveva studiato e nel quale era vissuto non era quello degli abitanti delle isole del Pacifico, era quello dei contadini e dei braccianti dell’Italia meridionale, quello legato al tarantismo. A differenza dei rivoluzionari da salotto che vivono facendo finta di soffrire e incitavano (tuttora incitano) a uscire dal turpe Occidente, sapeva che il problema era di portare finalmente quelle donne e quegli uomini davvero dentro l’Occidente e sapeva con chiarezza, a differenza di molti suoi compagni di strada, che anche questa scelta, l’unica che poteva considerarsi giusta, avrebbe avuto un suo prezzo” (Paolo Rossi, Il tempo dei maghi, Raffaello Cortina).
Anche:
Giovanni Pizza, Il tarantismo oggi, Roma, Carocci, pagg. 270, € 26,00.
Concetta Pennuto (a cura di),Della tarantola , Roma, Carocci, € 19,00.
Riccardo Di Donato e Mario Gandini (a cura di), Le intrecciate vie. Carteggi di Ernesto de Martino con Vittorio Macchioro e Raffaele Pettazzoni, Pisa, ETS, pagg. 208, € 20,00.
Roberto Beneduce e Simona Taliani (a cura di)Ernesto de Martino: un’etnopsichiatria della crisi e del riscatto , aut aut, 366,
pagg. 232, € 19,00