Il Sole 2.9.15
Non aspettiamo i Paesi ostili, l’accoglienza è questione morale
di Daniel Gros
Molti europei sentono che i loro Paesi sono stati presi d’assalto dal grande flusso di migranti che ha attraversato le frontiere. Che si siano confrontati direttamente con l’emergenza profughi o solo attraverso le immagini dei giornali, sono consapevoli della massa di disperati che sta cercando di entrare nel territorio dell’Unione Europea con qualsiasi mezzo. Ma quella consapevolezza deve ancora essere tradotta in una risposta comune.
E cresce la tensione tra gli Stati membri, forse perché l’entità del problema varia molto da Paese a Paese. I Paesi più piccoli ai confini d’Europa come Grecia e Ungheria non hanno la capacità di registrare e ospitare centinaia di migliaia di richiedenti asilo. E i Paesi più grandi, come l’Italia, sono incentivati a lasciar passare il gran numero di profughi che approda sulle loro coste, sapendo che, se non viene fatto nulla, probabilmente si dirigeranno altrove (per lo più in Nord Europa). Ora la Germania ha deciso di accogliere tutte le domande di asilo, indipendentemente dal Paese in cui i profughi siriani sono entrati nella Ue. La decisione è dovuta, almeno in parte, alla difficoltà di capire da dove è entrato un profugo, essendo le frontiere interne Ue così permeabili.
La Germania è lo Stato più grande della Ue in termini di popolazione e Pil perciò, in qualche misura, è logico che prenda la situazione in mano. Ma nemmeno la Germania è in grado di sobbarcarsi tutto il peso. Pochi mesi fa, la Commissione europea aveva cercato di risolvere il problema con la proposta coraggiosa di ripartire i profughi tra gli Stati secondo una semplice equazione basata su popolazione e Pil, ma la proposta era stata respinta perché gli Stati membri sostenevano che fosse un’ingerenza indebita negli affari interni.
E così la Ue si è trovata davanti alla difficoltà di sempre: tutti riconoscono il problema, ma per arrivare a una soluzione serve l’unanimità che non può essere raggiunta perché ogni Paese difende solo i propri interessi. L’unica strada percorribile è lasciar perdere i Paesi più ostili all’accoglienza degli immigrati, almeno per il momento, e creare una soluzione che coinvolga solo quelli disposti a condividere il carico. Potrebbe non sembrare “giusto”, ma con sempre più profughi che si presentano ogni giorno alle frontiere europee, i leader della Ue non possono permettersi di temporeggiare oltre.
E poi c’è un’altra dimensione della crisi che ne rende la risoluzione ancora più complessa. Non tutti i migranti fuggono da conflitti come quello siriano e così, stando al diritto internazionale, non tutti hanno “diritto di asilo”. Ci sono tantissimi immigrati economici provenienti dai Paesi più poveri dei Balcani, che sperano di scappare dalla miseria e cercano di sfruttare il sistema di asilo.
Perché non presentare domanda, anche senza la speranza che questa venga accettata, quando nel frattempo il richiedente ha diritto a alloggio, servizi sociali (compresa l’assistenza sanitaria) e qualche soldo che potrebbe essere sempre più dello stipendio che prende nel proprio Paese. Restare qualche mese in Nord Europa mentre la richiesta di asilo viene esaminata, è molto meglio che ritornarsene a casa, con un lavoro che ti dà un salario che ti permette appena di sostentarti, sempre che il lavoro ci sia.
Con il numero di domande in aumento, si allungano anche i tempi per esaminarle e questo rende il sistema ancora più invitante per gli immigrati economici. Tanto che quasi la metà dei richiedenti asilo in Germania proviene da Paesi sicuri come Serbia, Albania e Macedonia. Con i populisti d’Europa che usano quei casi di “turismo di welfare” per fomentare la paura e la rabbia tra l’opinione pubblica, sta diventando sempre più difficile raggiungere un accordo per gestire i profughi che sono arrivati.
In questo scenario, la Ue deve muoversi su due fronti: 1) i Paesi membri devono organizzarsi per riuscire a smaltire le domande di asilo in modo da individuare rapidamente chi ha diritto alla protezione 2) la Ue deve distribuire il carico – idealmente tra tutti i Paesi, ma forse inizialmente tra un gruppo più ristretto – per dare accoglienza a chi ha ottenuto l’asilo. È una questione di diritto internazionale e una questione morale.