domenica 20 settembre 2015

Il Sole 20.9.15
Zone di confine. Rischio in caso di chiusura delle frontiere in Slovenia e Croazia
Il Friuli si prepara a gestire l’emergenza profughi
di Katy Mandurino


Trieste. Friuli Venezia Giulia osservata speciale. La regione del Nordest, e in particolare le tre province di Trieste, Gorizia e Udine, confinanti per la maggior parte del loro perimetro con Slovenia e Austria (ma il confine della Croazia è a pochissimi chilometri da Trieste), sono i primi territori italiani ad essere interessati ad una eventuale ondata di migranti provenienti dai Balcani, che la blindatura dell’Ungheria costringe a deviare in altri Paesi.
L’intera fascia confinaria della regione - tantissimi gli accessi attraverso le vallate - è costantemente monitorata dalle questure, dalla Polizia di frontiera, dalle Prefetture e dalle istituzioni locali, che già dallo scorso giugno hanno siglato accordi transnazionali con le pattuglie austriache e slovene per istituire controlli serrati e a tappeto, non solo sui veicoli che possono nascondere clandestini, ma anche sui flussi umani che percorrono e attraversano le frontiere a piedi.
Lunedì il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha convocato a Roma una riunione con questori e dirigenti di Polizia delle regioni italiane interessate al fenomeno della migrazione di massa, compresi i rappresentanti del Friuli Venezia Giulia. «Per il momento la situazione è tranquilla, non si registrano aumenti di ingressi in regione», ha dichiarato la presidente Debora Serracchiani. «Nell’ultimo anno e fino a pochi giorni fa gli arrivi via terra sono stati 3mila - aggiunge l’assessore alla solidarietà Gianni Torrenti, che supervisiona l’intera situazione -, numero che non arriva di certo alle cifre ipotizzate di 10mila o più di cui si parla in questi giorni».
L’eventuale emergenza è legata a quanto si deciderà mercoledì nel vertice europeo convocato d’urgenza tra i capi di Stato e di Governo. Se l’unione europea decide unanimemente di lasciare aperta la rotta verso nord, attraverso Croazia, Ungheria e Slovenia, non c’è ragione per credere che ci possa essere una deviazione verso l’Italia, la quale deviazione comporterebbe più passaggi di frontiera. Se, invece, chiudesserero, oltre ai confini dell’Ungheria, anche quelli di Slovenia e Croazia, per l’Italia si porrebbe un allarme reale.
Per il momento, la parola d’ordine è “attrezzarsi”. Per lo meno sul medio termine e sul fronte dei controlli sanitari. Già con i flussi precedenti, il Friuli Venezia Giulia ha sperimentato e attua il modello di accoglienza diffuso, ovvero la sistemazione dei migranti non in centri di accoglienza e concentramento, ma in alberghi, appartamenti, caserme, dislocati su tutto il territorio regionale. «Dei 3mila arrivati - spiega Torrenti - 1.500 si trovano tuttora in piccoli paesi, mentre circa 800 sono a Trieste in diversi alloggi o alberghi».