Il Sole 17.9.15
Estremo Oriente
Maxi rimbalzo a Shanghai, fondi del Governo in campo
Il listino ha messo in scena un rush finale, che l’ha portato in rialzo del 5%: da quando lo Stato ha lanciato la campagna a sostegno del mercato, spesso la Borsa vola così
di Rita Fatiguso
Pechino La mano invisibile dello Stato ancora una volta ieri, sul finire delle contrattazioni, ha risollevato la Borsa di Shanghai che questa settimana aveva aperto in calo. Ieri, invece, la piazza più importante di tutta la Cina ha incassato la miglior performance da tre settimane a questa parte. L’indice Shanghai composite è cresciuto del 5%, spazzando via molte delle perdite di lunedì e martedì attribuite dagli operatori alla frenata dell’economia.
Questi guadagni dell’ultim’ora stanno diventando sempre più frequenti da quando il Governo ha lanciato in estate una strategia specifica per il supporto dei mercati azionari in caso di crisi. Si tratterebbe di forme larvate di intervento pubblico. L’indice CSI300 ieri ha chiuso di 157 punti a 3,309.25, mentre lo Shanghai Composite Index è salito di 148 punti a 3,152.26, siamo però al di sotto del 40% dalla metà di giugno. I volumi scambiati, tuttavia, sono rimasti al di sotto dei limiti attesi, un chiaro segnale di scarsa vivacità dei mercati finanziari. Anche Hong Kong ha realizzato guadagni, l’Hang Seng index ha chiuso al 2,4%. Perfino le azioni di Citic securities hanno guadagnato il 7%, nonostante le notizie dell’incriminazione di alcuni executives per insider trading.
Nel bel mezzo della tempesta finanziaria infatti Pechino ha invitato la sua cosiddetta “squadra nazionale” di entità statali legate a banche, fondi e broker, invitandole a comprare azioni. Nel frattempo hanno anche rafforzato il controllo sulle Borse e sui mercati valutari per tenere sotto controllo la volatilità e sradicare quelle forme di speculazione dannose. Ieri tre funzionari di CITIC, tra cui il suo direttore generale, Cheng Boming, sono stati indagati per presunto insider trading e diffusione di informazioni riservate.
Cheng è uno dei più alti dirigenti finanziari ad essere stati coinvolti nelle sonde finora, fa parte del comitato esecutivo di sette persone incaricate della supervisione della più importante banca d’investimento cinese, il broker più importante del paese per capitalizzazione di mercato. I media statali hanno già riferito che quattro dirigenti CITIC hanno confessato di abuso di informazioni privilegiate in agosto. Oltre a dare conferma che Cheng e altri due funzionari sono stati oggetto di indagine, anche se CITIC ha rifiutato di commentare la circostanza.
In un ultimo estremo tentativo di regolamentazione, la Cina inoltre è passata alle Borse merci che si sono rivelate un trasmettitore di ulteriori tensioni sui mercati, dalle materie prime ai minerali di ferro, alla gomma. Sempre ieri è stata diffusa un’altra notizia che riguarda l’incriminazione per presunti atti di corruzione addirittura di Zhang Yujun, assistente del chairman della commissione di controllo della Borsa, Xiao Gang. È stata la Commissione centrale del partito per la campagna contro la corruzione a dirlo. Insomma, la strategia moralizzatrice seguita alle perdite è molto incisiva. Secondo alcuni la mossa sarebbe un chiaro avviso per Xiao Gang il cui atteggiamento è stato considerato troppo blando nei confronti della volatilità dei mercati.
Sul futuro a breve dell’economia cinese pende in queste ore anche l’incognita della decisione della Federal Reserve sull’aumento o meno dei tassi di interesse. Ad esclusione di quelle cinesi, che hanno iniziato la settimana in ribasso prima della ripresa di ieri, le piazze asiatiche si sono mosse con cautela in attesa dell’annuncio di Janet Yellen. L’attesa della decisione segue le incertezze sui mercati del mese scorso, condizionati dalla svalutazione dello yuan e dai crolli di Shanghai, culminati nel «lunedì nero» del 24 agosto scorso, quando l’indice Shanghai Composite aveva perso in una sola seduta l’8,49%. La svalutazione operata dalla banca centrale cinese ha fatto anche riflettere molti sullo stato di salute dell’economia. Una frenata più dura del previsto dell’economia cinese rallenterebbe anche quella mondiale e secondo alcuni un aumento dei tassi da parte della Federal Reserve contribuirebbe ad accentuare il rallentamento globale.