mercoledì 16 settembre 2015

Corriere 16.9.15
il mestiere della scuola
La povertà educativa? si combatte se nelle aule va in cattedra il pragmatismo
64 per cento: il numero dei minori che in Italia non accede a una serie di attività ricreative, sportive, formative e culturali 42 per cento : gli adolescenti che non conseguono (in lettura) le competenze minime, a Sud e nelle isole. In matematica, la cifra arriva a toccare 44,2% 68 per cento: le classi della scuola primaria che non offrono il tempo pieno. Percentuale che sale all’80% nella secondaria di primo grado 60 per cento: il numero di alunni di 15 anni che in Italia frequenta scuole non adeguate a garantire la qualità dell’apprendimento
di Carmine Abate


Per realizzare in Italia una «buona scuola» e di conseguenza una migliore società, occorre puntare su strategie efficaci che favoriscano la crescita educativa di tutti gli scolari, senza distinzioni di sorta, con l’obiettivo finale, ambizioso ma imprescindibile, di restituire un futuro ai giovani. Un aiuto in tal senso ci viene offerto dal nuovo Rapporto di Save the Children «Illuminiamo il Futuro 2030 — Obiettivi per liberare i bambini dalla Povertà Educativa».
Chiaro e lungimirante fin dal titolo, il Rapporto non si limita a fotografare il divario scandaloso tra la scuola del Sud e quella del Nord, ma si pone degli obiettivi irrinunciabili per colmare tale divario e avvicinare l’Italia ai Paesi culturalmente più sviluppati.
Per chi, come me, in questi ultimi quarant’anni ha attraversato il mondo della scuola dalla Calabria al Trentino, fermandosi per due lustri in Germania, come insegnante di scuola media e genitore e, oggi, come scrittore che incontra centinaia di studenti, il rapporto di Save the Children è l’ennesima conferma del fatto che, a fronte di innumerevoli decreti, riforme pasticciate non condivise dai fruitori, tentativi di rinnovamento della didattica e dei criteri della valutazione, pochissimo è migliorato nel nostro sistema educativo.
Se la scuola non è affondata, malgrado tutto, è merito di quegli insegnanti «eroici», che sono consapevoli dell’importanza della posta in gioco e perciò, nella prassi didattica quotidiana, puntano a migliorare le competenze necessarie affinché i ragazzi possano orientarsi in questo nostro mondo sempre più complesso, combattendo di continuo contro il limite più evidente della scuola italiana: la scarsa propensione al pragmatismo. Se le infinite ore che un insegnante deve sprecare per le formalità, le carte da compilare, le riunioni obbligatorie molto spesso inutili, venissero dedicate almeno in parte ai ragazzi, ci sarebbero meno frustrazioni collettive e più risultati concreti. Ricordo invece che quando insegnavo in una scuola tedesca a Colonia, i collegi dei docenti si concentravano su problemi concreti, riguardanti ad esempio la prassi per migliorare le competenze dei ragazzi in difficoltà o favorirne l’ingresso nel mondo del lavoro, attraverso il cosiddetto sistema duale che consente di frequentare la scuola e imparare un mestiere, guadagnando pure qualcosa.
Sarebbe però ingeneroso negare l’esistenza di tante scuole d’eccellenza, di tanti ragazzi preparatissimi, all’altezza dei migliori coetanei europei, che io stesso ho incontrato e continuo a incontrare in molte città della Calabria e del Sud in generale. Essi sono la dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, che i ragazzi meridionali non sono inferiori a nessuno.
I problemi nascono, come dimostra il Rapporto, nelle zone più povere, dove il tasso di dispersione scolastica è del 15%, dove regnano la disoccupazione e l’assenza di un reddito dignitoso, mancano le infrastrutture e i servizi di prima necessità, figuriamoci il collegamento internet. E al contrario, in una realtà come il Trentino, ricca di infrastrutture e di stimoli culturali, non sorprendono gli ottimi risultati conseguiti dai ragazzi nei test di competenze scolastiche. Tra le attività che come insegnante proponevo per incentivare il piacere della lettura, la più amata dai ragazzi era l’ora settimanale in cui li portavo nella fornitissima biblioteca comunale di Mattarello, dove i ragazzi potevano scegliere e leggere un libro in santa pace. Ovviamente, laddove le istituzioni latitano, non bisogna arrendersi all’inefficienza, ma davvero accendere nelle singole realtà più deprivate tante luci per illuminare il futuro. Save the Children ci dimostra che è possibile sconfiggere la povertà educativa, ci suggerisce degli obiettivi concreti e concretizzabili, che le scuole dovrebbero far propri non solo nelle programmazioni scritte ma nelle attività didattiche di tutti i giorni. E se davvero tutti vogliamo una scuola che favorisca l’inclusione, il manifesto conclusivo del Rapporto, con poche modifiche e qualche aggiunta, dovrebbe essere letta come una sorta di premessa alla nuova riforma della scuola del governo Renzi. E ricordare ai politici di ogni latitudine e colore che la scuola e la cultura vanno messe al primo posto dell’azione politica, anche e soprattutto nei momenti di crisi, perché su di esse si fonda la vita civile ed etica di un Paese.
Carmine Abate, scrittore (1954), ha vinto il premio Campiello nel 2012 con «La collina del vento» (Mondadori). A ottobre uscirà, sempre per Mondadori il nuovo romanzo «La felicità dell’attesa».