lunedì 14 settembre 2015

Corriere 14.9.15
Il muro di Renzi sulle riforme: nessun cambio
Renzi: tutto dipende da Grasso E nessuno bloccherà la riforma
Sulle accuse di D’Alema: lavora alla scissione, ma gli servirebbe un altro sistema di voto
di Maria Teresa Meli


ROMA L’accordo nel Pd, l’accordo che serve a non spaccare il partito, passa per Piero Grasso. Il resto, per dirla alla Renzi, si riduce a «scaramucce tecniche». E questo, secondo il premier, vale anche per il dibattito che si è aperto dopo la proposta di Giorgio Tonini a Vannino Chiti.
«Tutto dipende da Grasso», continua a ripetere Renzi nei suoi colloqui con alleati e interlocutori politici quando si accenna all’articolo 2, che, per quanto lo riguarda, continua a essere «intoccabile». Già perché lui — Renzi — certo non torna indietro. È convinto che «una soluzione tecnica» si troverà, dal momento che «i numeri sul ddl ci sono». Tant’è vero che non pensa alla fiducia: «Non la metto sulla riforma, non si tratta della legge elettorale, è una legge costituzionale e quindi niente fiducia».
E il premier non pensa nemmeno a rinviare la riforma: «Se la faccio slittare — spiega ai suoi — non la faccio più ed è la cosa più importante della legislatura. Senza contare il fatto che con il rinvio il governo non sarebbe più credibile su nulla, né sulle tasse, né sul lavoro, né sulle unioni civili».
Dunque? «Dunque vado avanti e la vinco come ne ho vinte altre», è il convincimento di Renzi. Il quale elenca tutte le volte che lo davano per spacciato o che «i gufi» pensavano che non avrebbe mantenuto le promesse e invece ha incassato il risultato: «Io non mollo, perché dovrei? In un anno ho portato a casa la legge elettorale, la riforma della scuola e quella della Pubblica amministrazione, gli ottanta euro, l’Irap, il costo del lavoro, la Mogherini, l’elezione di Mattarella, le nomine della Cassa depositi e prestiti, della Rai, delle aziende pubbliche, la responsabilità civile dei magistrati, il successo dell’Expo su cui scommettevano in pochi... e potrei continuare con il divorzio breve, gli eco-reati, ecc. ecc...».
Perciò si torna a Grasso. Il presidente del Senato dichiarerà ammissibili gli emendamenti al famigerato articolo 2? Sergio Mattarella, presidente della Repubblica silente ma presente quando si toccano temi così sensibili politicamente, è un grande esperto della materia costituzionale e ha chiaro in mente quello che si può o non si può fare. Non interviene perché ha in gran conto la divisione dei ruoli istituzionali che consente un normale svolgimento della dialettica parlamentare e della democrazia, e ha spiegato a Grasso, come ad altri suoi interlocutori, che dopo Renzi c’è solo Renzi. Non ci sono giochi o giochetti, trame più o meno visibili, perché tutto ciò non è nello stile di Mattarella.
Per questa ragione è assai probabile che, alla fine, il presidente del Senato non apra il vaso di Pandora dell’articolo due. Anche perché, al di là delle dichiarazioni belligeranti, una soluzione del genere andrebbe bene pure a quella parte della minoranza che continua la sua battaglia contro il ddl e contro Renzi, ma che non vuole finire in un cul de sac, costretta a votare contro, a compiere uno strappo non più ricucibile, a perdere e a trarne le dovute conseguenze.
Se Grasso respingesse quegli emendamenti, i dissidenti del Pd che non puntano alla scissione potrebbero avere la loro ritirata, onorevole e obbligata, e, in compenso, il premier potrebbe avere la riforma costituzionale.
La vera partita tra Matteo Renzi e i suoi oppositori interni per evitare la rottura clamorosa passa proprio di qui. Il che non vuol dire che dentro il Pd non possa verificarsi una frattura non sanabile. Ma questa prospettiva poco o nulla ha a che fare con la riforma costituzionale.
C’è una fetta della minoranza (non Pier Luigi Bersani, che ha a cuore l’unità del partito) che, secondo i renziani, sta premendo sull’acceleratore della discordia interna. E gli sguardi, a questo proposito, si appuntano tutti su Massimo D’Alema. Il presidente del Consiglio ha parlato con i suoi della possibile deriva che sta prendendo l’ex ministro degli Esteri.
«D’Alema — è stata la conclusione delle riflessioni di Renzi sull’argomento — vuole la scissione e ci sta lavorando in modo organico. Peccato che per farla abbiano bisogno di una legge elettorale diversa... e non la avranno» .