giovedì 10 settembre 2015

Corriere 10.9.15
L’equilibrio tra egoismo e aultruismo
di Gillo Dorfles


Fare e desiderare il bene degli altri è una delle azioni più lodevoli e convincenti da parte dell’uomo di oggi e di sempre; naturalmente non sempre il proprio desiderio corrisponde a quelle che sono le nostre aspettative, perché molte volte ragioni etiche, estetiche, sociologiche si sovrappongono tra quello che è il nostro desiderio e quella che è la sua meta. Non è sempre possibile che il nostro altruismo corrisponda alle migliori conseguenze possibili. Molto spesso prevale nell’uomo un atteggiamento egoistico e questo fa sì che tutte le tendenze altruistiche vengano contaminate e contraddette da questo comportamento. Tra l’altruismo e l’egoismo che di solito prevalgono nella nostra costituzione, non c’è dubbio che il primo dovrà avere ogni tipo di privilegio, perché agire a favore del prossimo è uno dei dettami evangelici e una delle fondamentali prerogative dell’umanità.
Le due contrapposte tendenze psicologiche dell’altruismo e dell’egoismo vengono indubbiamente a costituire la duplice base della nostra affettività; che sarà a seconda dei casi rivolta verso il prossimo o verso noi stessi. Non dobbiamo dimenticare che tanto il primo che il secondo movente possono essere modificati se l’individuo ne è cosciente e riesce ad arginare gli impulsi coattivi, separandoli da quelli che sono i suoi atteggiamenti verso se stesso o verso il prossimo.
Bisognerà sempre tenere conto che nella parola e nel concetto di altruismo non si cela solo la prassi del bene altrui, ma si celano anche molti dei compromessi del nostro carattere e quindi della nostra tendenza a proiettare su di noi quelli che dovrebbero essere gli affetti riservati al prossimo. Esistono diverse forme di altruismo dovute ad elementi psicologici, patologici e persino etnici e religiosi; per questo, molto spesso quella scissione tra altruismo e egoismo è più frequente di quanto non si creda. Così non bisogna scordare che esiste un «altruismo patologico», ossia quello che potremmo identificare con un vero e proprio sadismo. In altre parole, il desiderio del male altrui viene a sostituire il desiderio del bene, secondo una prassi ideativa che può condurre a dei pessimi risultati. Lo stesso fenomeno del sadismo, infatti, non solo è patologico se osservato nella comune situazione affettiva; ma può costituire un germe creativo di cui l’artista si è servito e può servirsi; per cui il contrasto tra altruismo e sadismo viene a costituire una sorte di rete affettiva che può trasformarsi quale vero messaggio letterario.
Un interessante e complesso saggio sull’altruismo è quello di David Sloan Wilson L’altruismo. La cultura, la genetica e il benessere degli altri (Bollati Boringheri, traduzione di Andrea Migliori, pp. 162, e 19,50), il quale prende in considerazione quest’atteggiamento dell’uomo nelle sue più sottili ramificazioni. Non si dimentichi che, mentre l’altruismo viene costantemente «aiutato» e incoraggiato pubblicamente attraverso i più svariati mezzi persuasivi, dalla letteratura alla televisione agli altri mass media, compresi quelli della religione e persino della razza, l’egoismo in realtà non viene mai ufficialmente «promosso». L’altruismo dunque gode di un aureola di «gloria» mentre l’egoismo non possiede altro che la sua efficacia soggettiva.
In definitiva nella lotta impari tra altruismo e egoismo, come viene ben rilevata nel testo di Wilson, non ci saranno mai né vinti né vincitori; e non è detto che gli sconfitti siano effettivamente svantaggiati. Forse, i veri vincitori saranno quelli dove il «braccio della bilancia» dell’egoismo sarà identico a quello dell’altruismo, poiché le due fazioni si saranno strette equilibratamente la mano.