venerdì 28 agosto 2015

La Stampa 28.8.15
Casson lascia il Pd ma resta nel gruppo in Senato
di Fra. Mae.


«Non prendo la tessera del Pd, punto e basta»: Felice Casson sancisce così la spaccatura con il partito di Matteo Renzi per il quale aveva corso alle comunali di Venezia. Un addio che non riguarderà però il gruppo parlamentare in Senato: al momento l’ex magistrato ha annunciato che resterà tra i senatori democratici di palazzo Madama. Separati in casa, per il momento, in attesa di divorzio.
Il gruppo degli ex-Pd è composito e ancora lontano dal trovare una sintesi, sia interna che con Sel, che pure in un primo momento sembrava interessata a stringere i tempi. Agli addii di Civati e Fassina non ha fatto seguito, almeno per ora, la formazione di un nuovo soggetto politico a sinistra.
È dunque difficile stabilire a priori la collocazione di Casson nel delicato gioco di equilibri del Senato. Arduo considerarlo in maggioranza, complesso definirlo già fuori.
Lui minimizza il paradosso: «Ci sono altri senatori iscritti che non hanno la tessera del Pd, ci sono i centristi che sono arrivati negli ultimi tempi, e poi c’è chi, senza darne notizia, non ha rinnovato l’iscrizione» e spiega che già lo scorso anno non aveva rinnovato il tesseramento al partito. «Non avendo rinnovato la tessera nel 2015 semmai li ho anticipati», scherzava lui ieri parlando del gruppo degli ex.
Casson infatti si era auto-sospeso dal Pd già nel 2014, quando il suo partito aveva votato no all’uso delle intercettazioni di Antonio Azzollini nell’ambito dell’inchiesta per la presunta truffa al porto di Molfetta.
Poi il senatore veneto si era candidato alle primarie del centrosinistra e le aveva vinte, battendo il candidato renziano ma perdendo le elezioni contro Massimo Brugnaro.
Così, ora che Casson ha confermato la volontà di non iscriversi al Pd, il centrosinistra in laguna è ancora più spaccato. La lista che porta il suo nome ha cinque voti in consiglio comunale, il Pd appena tre. E se già dalle prime settimane di consiliatura era accaduto che i due gruppi votassero separatamente, la scelta del senatore rende ora evidente la frattura, almeno a livello locale.