venerdì 28 agosto 2015

Corriere 28.8.15
A sinistra scoppia la lite tra D’Alema e Lotti
di Andrea Senesi e Alessandro Trocino


«Non dico che bisogna ispirarsi al passato, ma neanche sputarci sopra per fare finta di essere grandi». Torna Massimo D’Alema e dalla Festa dell’Unità di Milano non risparmia attacchi al premier: sulla perdita di elettori e di identità, ma anche sulle strategie politiche. Bordate che si uniscono a quelle della minoranza del partito sulle riforme costituzionali, che rischiano lo stallo. D’Alema fa riferimento, per smentirle, alle tesi espresse da Matteo Renzi al Meeting di Rimini: «Non è vero che in questi vent’anni ci sono stati il berlusconismo e l’antiberlusconismo che si sono annullati a vicenda». È vero, ammette, «il Pd è ancora il primo partito progressista europeo». Ma, aggiunge, «bisognerebbe anche capire perché dal 41% oggi i sondaggi ci danno al 30. Qualcosa è successo: ci siamo persi per strada 2 milioni di elettori». Replica affidata al braccio destro del premier Luca Lotti: «Reduce da felici circumnavigazioni estive, D’Alema sostiene che il Pd abbia perso 2 milioni di voti. Come noto, invece, il Pd nelle ultime elezioni nazionali ha preso nel 2013 il 25,2% con la guida di Bersani e nel 2014 il 40,8% con la guida di Renzi». Dopo aver chiesto al governo la riforma della Bossi-Fini sull’immigrazione, una «legge folle e criminogena», il lider máximo si è interrogato sul futuro del Pd: «Con chi andiamo alle elezioni? Con Casini, Verdini e Cicchitto in un abbraccio mortale coi conservatori, oppure cerchiamo di rilanciare una prospettiva di centrosinistra? Questo è il bivio». Un bivio che hanno dovuto affrontare anche gli altri socialisti europei: quelli greci alleandosi, appunto, con le forze conservatrici e quelli spagnoli guardando invece a sinistra. Risultato: i primi «sono spariti», i secondi «hanno avviato una nuova prospettiva».
E bivio nel quale si trova anche la riforma costituzionale del Senato: una montagna di emendamenti, la minoranza del Pd sul piede di guerra e FI in posizione attendista. La strada resta accidentata e si studiano le mosse, mentre il ticket Lega-FI sposta l’asse verso il Carroccio e Ap (Ncd e Udc) si trova a un bivio tra la fedeltà al governo e le spinte centrifughe (vedi caso De Girolamo). Per provare a sbloccare la situazione, Renato Schifani (Ncd), chiede «un accordo politico». Con 500 mila emendamenti, dice, non si può fare altro. Giuseppe Esposito, Ncd, dà sostanza al possibile accordo: «Bisogna introdurre un premio alla coalizione nella legge elettorale». Esattamente la modifica che FI vorrebbe per sbloccare i suoi voti. Quelli della minoranza dem restano legati all’elezione diretta del Senato. Richiesta ripetutamente bocciata da Renzi. Senza i voti della minoranza e senza quelli di Fi, si rischia lo stallo. A meno che non si verifichi uno scenario ipotizzato dal Foglio : visto che nelle riforme costituzionali il quorum è necessario dopo la terza lettura, i numeri potrebbero quadrare se, in seconda lettura, Forza Italia uscisse dall’Aula, facendo scendere la soglia sotto i 158 voti.
E in serata, sempre dalla Festa dell’Unità, arriva anche la stoccata di Susanna Camusso al governo: «Se vogliono utilizzare i numeri per confortare delle politiche che non danno risultato, si fanno queste figure. Non ci sono particolari sorprese, tranne quella che non ci si aspetterebbe mai che un organo ufficiale imbrogli sui dati».