domenica 5 luglio 2015

Repubblica 5.7.15
Atene nella tempesta ritrovi la speranza e il coraggio di Ulisse
Il parere dell’ex ministro francese e dei presidenti della sua fondazione
Jacques Delors, Pascal Lamy e Antonio Vitorino


I NEGOZIATI tra Grecia e Ue, che da molti mesi scatenano tensioni e diffidenza, hanno raggiunto un punto critico prima con l’ascesa di Syriza al potere e ora coll’avvicinarsi del referendum di oggi. Negoziati e referendum hanno dato vita a posizioni politiche e giochi tattici vari che, seppur comprensibili se ci si cala nell’ottica dei giocatori coinvolti, è bene che siano ora accantonati, per cercare di dimostrarsi all’altezza della situazione e tirare un bilancio dell’importanza che rivestono le vere questioni in ballo, sia per la Grecia sia per l’Europa. Per una diagnosi corretta della situazione, è opportuno assumere la giusta prospettiva.
La Grecia è in una situazione drammatica che non potrà che deteriorarsi ancor più, nel caso in cui il paese finisse col fare default nei confronti del suo debito a lungo termine o arrivasse addirittura a uscire dalla zona euro.
A questo riguardo, per lasciarsi alle spalle l’attuale crisi è indispensabile prima di ogni altra cosa, più di ogni altra cosa, che in Grecia intervenga un radicale cambiamento di mentalità. È indispensabile esprimere in modo chiaro e trasparente la volontà di rompere definitivamente con il passato della Grecia degli ultimi quarant’anni, rinunciando una volta per tutte alla tentazione di addossare la responsabilità delle disgrazie del paese a cause esterne. È indispensabile altresì che il governo greco comprenda che la sua legittimità democratica non può, per sua stessa natura, avere priorità sulla legittimità democratica delle sue controparti europee. Questa “tragedia greca” non è e non sarà una mera faccenda nazionale: essa sta avendo e continuerà ad avere ripercussioni in tutta Europa, di cui la Grecia è parte integrante, sia in termini storici, sia in termini geografici.
Di conseguenza, qui non si tratta semplicemente di limitarci a soppesare le conseguenze economiche e finanziarie di più o meno ampia portata derivanti da un’uscita della Grecia dall’unione monetaria. Qui si tratta di studiare e comprendere l’evoluzione della Grecia anche da un’ottica geopo-litica, considerandola un problema europeo che continuerà a essere tale anche in futuro. Non è opportuno quindi studiare la Grecia soltanto attraverso i microscopi del Fmi, ma è bene servirsi anche dei binocoli delle Nazioni Unite. In altre parole, dobbiamo riflettere sul fatto che la Grecia è un paese situato nei Balcani, un’area la cui instabilità è nota e che di sicuro non ha bisogno che si attizzino ulteriormente le ceneri già incandescenti nel momento stesso in cui sono in corso una guerra in Ucraina e una in Siria, c’è la crescente minaccia del terrorismo, per non parlare della crisi dei migranti. In ogni caso, se ci si vuole limitare a un’analisi rigorosamente finanziaria, è indispensabile sottolineare con decisione che l’attuale crisi di liquidità della Grecia è la conseguenza di una crisi di solvibilità, che a sua volta è soltanto un sintomo di mali molto più profondi, connessi alla debolezza di un’economia e di uno stato che devono essere ricostruiti sotto tutti i punti di vista, partendo da riforme radicali e di ampia portata in campo amministrativo, giudiziario, fiscale, dell’istruzione e via dicendo.
In questo processo di ricostruzione all’Unione europea spetta il compito di fare la propria parte fino in fondo, offrendo alla Grecia un piano a 180 gradi e a tre punte. Tale piano dovrebbe prevedere: primo, un’offerta alla Grecia di ragionevoli aiuti finanziari che le consentano di ricostruire la propria solvibilità in tempi brevi; secondo, la mobilitazione di tutti gli strumenti dell’Ue che possono effettivamente giovare alla rinascita dell’economia greca (fondi strutturali e di coesione, prestiti dalla Banca europea degli investimenti, contributi dal piano Juncker e così via), per promuovere il suo ritorno alla crescita che di per sé potrà alleggerire almeno un po’ il rapporto tra indebitamento e Pil del paese; terzo, l’inserimento immediato in agenda di una valutazione del peso effettivo dell’indebitamento greco e di quello di altri “paesi aiutati da programmi” in Europa, a patto che siano varate le riforme promesse.
Soltanto un piano globale siffatto ci pare adeguato a offrire al popolo greco e ai suoi leader prospettive di pace e di mobilitazione, così che nello sforzo della ricostruzione, di cui il paese ha un disperato bisogno e dal quale trarrà beneficio tutta l’Ue nel suo complesso, i greci possano metterci anima e cuore.
Fu perché non perse mai la speranza di far ritorno a Itaca e alla sua Penelope che Ulisse trovò il coraggio e l’energia necessari ad affrontare altri dieci anni di dolorose vicissitudini dopo quelle già patite durante la guerra di Troia. Ed è soltanto trovando dentro di sé quel coraggio per guardare a un futuro che è necessariamente comune e sarà migliore per tutti, che i greci e gli europei potranno studiare il modo di mettere a punto un compromesso che renda onore ai principi della cooperazione e della solidarietà, le pietre angolari sulle quali si regge l’intero edificio europeo.
Traduzione di Anna Bissanti