Repubblica 12.7.15
La posta del cuore di Matteo tra politica, calcio e diete
Il premier inaugura sull’Unità un filo diretto con i militanti
di Filippo Ceccarelli
Ogni sabato il premier Matteo Renzi risponde ai lettori-elettori in una rubrica sull’Unità. Domande (e risposte) stringate per dialogare su tutto, non solo politica. In alto, uno stralcio della prima uscita
CARO Leader ti scrivo, e Renzi gli risponde un po’, ogni sabato, sull’Unità. Ieri l’esordio.
In cima alla paginona c’è l’icona di lui, assorto e intenso, camicia bianca e maniche rimboccate, che scrive. C’è anche il suo autografo, tipo rotocalco anni 80, calligrafia a occhio piuttosto volitiva, con tanto di svolazzi e sottolineatura.
Quasi tutti brevi i testi delle 23 lettere, ancora più secche le repliche del segretario premier, a volte appena una battuta. Il record della cripto-concisione inclusiva a proposito di Marchionne. Scrive Rita: «Pentito dell’appoggio a Marchionne?». Risposta di Matteo: «Io no. Tu?».
Figlia di questa temperie, la rubrica rispecchia l’impostazione verticale, leaderistica e nel contempo trans- mediale del renzismo. Il quale renzismo seguita a proiettarsi in tal modo senza alcuna remora di saturazione o di sovraesposizione, per cui ai libri, alle interviste e ai discorsi in Parlamento, alla partecipazione ai programmi radiofonici e a quelli televisivi d’intrattenimento, agli interventi in streaming e alle newletter, a Facebook e a Twitter, agli auto- selfie e alla produzione by Filippo Sensi, ecco che l’onnipresente e infaticabile leader aggiunge oggi le risposte ai lettori dell’Unità.
Che poi magari un domani potrebbero restare delusi nell’apprendere che in realtà non le scrive proprio lui, ma qualche ghost- writer. Pazienza, queste di ieri sembrano davvero autenticamente renziane. Come d’altra parte appaiono tali le domande: secondo le norme dello storytelling firmate con il solo e semplice nome di battesimo, Chiara, Francesco, Marco, Luigi, Maria, il massimo dell’eccentricità onomastica riducendosi a Romeo e Tina.
Sul piano più strettamente politico e di governo, limitati paiono gli spunti di questo primo carteggio. Il premier annuncia generiche “novità” sulle partite Iva; conferma una certa avversione per i talk-show e ammette, sia pure sdrammatizzandone la portata, la crisi di comunicazione. Rimarchevole a tale proposito la duplice formula semi-dubitativa: «Forse abbiamo avuto meno tempo per raccontare tutto quello che stiamo facendo, o forse non è stato raccontato benissimo...».
Quindi Renzi benedice il ritorno di Veltroni sulle pagine dell’Unità («Bella idea: Veltroni si legge e si ascolta sempre volentieri»); approva il rimescolamento effettuato da Oliverio nella giunta calabrese («Dài Mario, il Pd è con te»). Riguardo ai gufi, il premier gli contrappone gli incoraggianti progressi dell’economia conceden- dosi di citare il più risoluto Califano: «Tutto il resto è noia». A tutti cerca di trasmettere entusiasmo («ci riusciremo»), a molti chiede di dare «una mano».
Per quanto attiene agli sviluppi di un certo stile post-politico di comando, basta dare un’occhiata a un piccolo saggio appena uscito dei professori e politologi Marco Mazzoni e Antonio Ciaglia, “Il gossip al potere. Il politico celebrità nell’era della politica pop” (Apogeo), per comprendere il senso di alcune risposte. Così, invitato da un iscritto a una non meglio identificata Festa dell’Unità per mangiare lo gnocco fritto, Renzi ha colto il destro per negare di essere ingrassato. Allo stesso modo, da tifoso, ha ritenuto opportuno intervenire sulla campagna acquisti della Fiorentina – e qui ne ha approfittato per riconoscere positivamente l’opera del presidente Della Valle.
Più difficile la valutazione dell’impatto sui lettori del giornale di Gramsci. Ma nel complesso – ed è forse un’impressione più significativa delle stesse risposte - quelli che gli fanno domande nulla da Renzi sembrano aspettarsi, se non una verità calata dall’alto, senza intermediazioni, né niente. Chi lo ringrazia, nel frattempo, chi si dice fiducioso, chi gli scrive “bravo”, chi gli scappa addirittura fuori un mezzo inno di Forza Italia («Avanti, siamo in tanti a crederci»). La massima critica compatibile è che lui «esagera»; «non ti capisco più», scrive uno, che pure nel congedarsi lo saluta «con affetto».
In realtà, e al netto di sforbiciate e domesticamenti redazionali, ancora una volta questa paginona annuncia e sanziona la fine del partito come luogo di discussione. Tutto è affidato al capo, anche la posta del cuore. E per quanto Renzi ammetta, come ieri, che “un premier da solo non fa niente” e che il Pd deve fare “il suo mestiere”, beh, bisogna vedere che significa - e magari per ora è più comodo lasciare che tutto vada avanti così.