La Stampa 16.7.15
Il “sì” sofferto della Grecia alle riforme
Nella notte il Parlamento approva le condizioni imposte dall’Ue. Scontri in piazza ad Atene
Tsipras in Parlamento: “Siamo riusciti a dare una lezione di dignità al mondo”
Syriza si spacca, il governo perde pezzi: lascia anche il viceministro delle Finanze
Un accordo fragile e rischioso
di Franco Bruni
Ogni giorno diventa più chiaro che il compromesso di domenica notte fra la Grecia e il resto dell’Ue è difficilissimo da implementare e inadeguato a risolvere il problema. Chi vuole spingere la Grecia fuori dall’euro può ancora risultare vincitore in una trattativa dove ha apparentemente ceduto.
Le difficoltà sono nel brevissimo periodo e nel più lungo andare. Nell’immediato c’è un’enorme incertezza circa la possibilità tecnica e politica di far andare a buon fine la catena di condizioni che l’accordo prescrive di implementare in pochi giorni, compresa l’approvazione dei Parlamenti, e circa l’esito della trattativa col fondo salva-Stati, che deve ancora cominciare. E’ un’incertezza che, fra l’altro, mette la Bce in una posizione difficile, non potendo essa erogare la liquidità indispensabile alla riapertura delle banche greche fino a che non c’è il via libera dei governi. Perché Draghi rimanga nell’ambito del suo mandato occorre che la politica sia più nitida e meno simile a una partita di poker, dove si può vincere solo quello che altri perde, partita pasticciata anche perché non si sa quanti siano i giocatori e chi davvero decida le mosse.
Supponiamo però che nei prossimi giorni, con l’aiuto della paura del peggio e di un po’ di ipocrisia istituzionale, si faccia qualcosa che assomiglia decentemente a quanto sottoscritto dopo l’alba di lunedì. E supponiamo che il governo greco, più o meno cambiato, diventi collaborativo senza esitazioni. Anche in questa ipotesi ottimista l’inadeguatezza dell’accordo raggiunto potrebbe riemergere piuttosto presto. I danni macroeconomici e finanziari causati nell’ultimo anno dalla politica greca e dalla rigida miopia europea sono stati tali che il ritorno alla sostenibilità effettiva dell’indebitamento greco, nel frattempo molto aumentato, potrebbe rivelarsi impossibile. E’ notevole la probabilità che rigore finanziario e riforme strutturali non generino abbastanza crescita e non aumentino abbastanza la capacità della Grecia di onorare i suoi impegni debitori tornando ad attirare investimenti e ad attingere al mercato finanziario privato.
Si è scelto di elargire nuovi abbondanti prestiti a condizioni vicine all’impossibile, anziché limitare i nuovi aiuti al minimo indispensabile, ma in modo chiaro e immediato, e condonare massicciamente i debiti passati riconoscendo che sono stati anche frutto, fin dal 2000, dell’imprudenza delle banche e di altri creditori privati, che sono stati poi in parte aiutati dal subentro nei loro crediti dei governi e delle istituzioni internazionali, cioè dei contribuenti europei. Un condono, ovviamente, graduale e condizionato a un controllatissimo ma realistico progresso delle indispensabili riforme che la Grecia da tempo promette e non mantiene. La scelta del taglio del debito, oltre a facilitare il dialogo e la cooperazione con Atene, è quella insistentemente e da tempo suggerita dai mercati, dal Fmi e da molti analisti internazionali. Un esempio è la proposta che abbiamo elaborato nell’ambito del «comitato ombra» per la regolamentazione finanziaria europea (www.esfrc.eu ).
Martedì il Fmi ha ribadito con forza la sua opinione e ha suggerito, fra le altre, una modalità di condono compatibile con gli attuali Trattati europei, che parrebbero impedire una cancellazione formale dei crediti diretti e indiretti dei governi Ue. Si tratterebbe di decidere subito un progressivo allungamento del rinvio dei pagamenti greci in misura molto superiore a quelle finora avvenute o ipotizzate, fino a superare i trent’anni. L’implementazione effettiva delle riforme dovrebbe condizionare i tempi di questo graduale aumento del periodo di grazia. Una soluzione del genere richiederebbe anche minore erogazione di nuovi prestiti a lungo termine, che è oggi poco credibile vengano effettivamente serviti e rimborsati.
C’è ancora il tempo e la capacità politica per correggere in qualche misura l’accordo di inizio settimana? O vogliamo continuare a giocare col rischio economico, politico e strategico di un uscita della Grecia dall’euro? Per noi italiani si tratta di un rischio più grave che per altri Paesi europei.