sabato 11 luglio 2015

La Stampa 11.7.15
“Un messaggio forte per riavvicinare i fedeli”
Naím: “I cattolici perdono consenso a favore di altre chiese Bergoglio ha capito che deve essere netto sui temi sociali”
di Paolo Mastrolilli


Lasciate perdere queste storie sul «Papa comunista», sono fesserie buone solo per la propaganda. Il vero punto della visita di Francesco in America Latina, secondo Moisés Naím, è un altro: «Vuole ricostruire la centralità della Chiesa nel suo continente, minacciata da tutte le altre versioni del cristianesimo che stanno portando via i fedeli cattolici. Perciò deve essere “disruptive”, perturbare lo status quo, e non potrebbe mai riuscirci se un Papa allineato con i poveri come lui non affrontasse il tema globale della diseguaglianza economica».
Naím, ex ministro del Commercio in Venezuela, ex direttore della rivista americana «Foreign Policy», e autore del fortunatissimo saggio «The End of Power», sta seguendo da vicino la visita di Francesco nel proprio continente, con un interesse insieme accademico e personale.
Il pontefice sta criticando l’economia di mercato, al punto che alcuni lo accusano di aver ripreso la «Teologia della liberazione» su questi temi. Lei come lo giudica?
«Negli ultimi tempi il cattolicesimo ha perso “quote di mercato” in America Latina. Altre forme di cristianesimo, come i carismatici, gli evengelici, gli episcopali, stanno portando via i fedeli. È un fenomeno presente anche in Africa e Asia, ma è forte soprattutto in America Latina. Francesco è partito per contrastarlo, e sa che per riuscirci deve lanciare un messaggio fresco, nuovo, diverso dal passato».
Evo Morales, il presidente boliviano, gli ha regalato un crocefisso a forma di falce e martello: il Papa non rischia di farsi strumentalizzare?
«Non c’è dubbio che esista una guerra mediatica. In Ecuador ha incontrato il presidente Correa, che guida uno dei regimi più repressivi del continente, dopo Cuba e Venezuela. Correa è in difficoltà, ha perso di recente elezioni importanti, e in vista della visita di Francesco si è scatenata una vera e propria lotta fra lui e l’opposizione, per fare a gara a chi era più vicino al pontefice. Poi è andato da Morales che gli ha regalato il crocefisso a forma di falce e martello, un gesto meditato per diventare la foto del giorno. Il Papa lo sa, perché conosce il suo continente, ma l’obiettivo fondamentale del viaggio resta quello di riconnettersi con i cattolici».
Dal punto di vista economico, le sue critiche hanno senso?
«La diseguaglianza è un’emergenza globale, di cui l’America Latina è da sempre il campione del mondo. Negli ultimi tempi, in realtà, è andata un po’ in controtendenza, perché ha visto diminuire il suo gap, che invece è cresciuto molto in Europa e Stati Uniti. La povertà però resta un problema gravissimo, e un Papa impegnato a favore dei poveri come lui non poteva non sottolinearlo».
A settembre Francesco sarà negli Usa, dove alcuni conservatori lo accusano di essere comunista: come verrà accolto?
«Io penso che il momento più importante della sua visita, in realtà, sarà il discorso che terrà all’Assemblea Generale dell’Onu. Il mondo è molto scombussolato: cambiamenti climatici, terrorismo, rapporto con l’Islam, crisi economica, tensioni dalla Russia alla Siria, dalla Libia allo Yemen. La gente sente il bisogno di una guida, e guarderà al Papa per avere ispirazione».
Ma parlerà anche al Congresso e visiterà la Casa Bianca. Alcuni dicono che è alleato di Obama sui temi economici e sociali, altri che lo detesta per questioni come i matrimoni gay. Chi ha ragione?
«Il problema, in questo caso, non sono le posizioni di Francesco, ma la polarizzazione politica degli Stati Uniti. Il Paese è estremamente diviso, dall’economia ai temi etici, ed è inevitabile che questo si rifletta sui tentativi di strumentalizzare a proprio favore la visita del Papa».
Nel saggio «The End of Power» lei ha descritto la crisi del potere nella nostra confusa società contemporanea. Francesco in questo senso è un’eccezione alla regola, o una conferma?
«Più che del Papa, in tale contesto parlerei del Vaticano. Come istituzione, 20 anni fa nessuno si sarebbe immaginato di vederla in una crisi così profonda. Da questa prospettiva la Chiesa conferma le difficoltà del potere tradizionale, e Francesco sta cercando la risposta per risollevarla».