sabato 11 luglio 2015

La Stampa 11.7.15
I leader europei e l’uso interno della crisi greca
di Cesare Martinetti


La settimana scorsa Sarkozy aveva anticipato il Consiglio europeo e messo la Grecia fuori dall’euro prima ancora di conoscere il risultato del referendum. Hollande, invece, ha anticipato lo stesso Tsipras e ieri mattina ha dichiarato che il piano di riforme di Atene è «serio e credibile» prima ancora di averlo visto. E come faceva a saperlo?
Perché sembra che in segreto abbia mandato i suoi consiglieri a consigliare il governo di Atene. Intanto la direttrice dell’ufficio nazionale del turismo greco Nella Tylianaki, citata dalla Reuters, annuncia un boom di prenotazioni da parte dei turisti francesi: ne sono attesi almeno un milione e 600 mila, il 10 per cento in più rispetto all’anno scorso che fu già record. Insomma, per dirla in sintesi con Arnaud Leparmentier, sperimentatissimo corrispondente europeo di Le Monde, la Grecia sta diventando un’autentica «hystérie française».
Una corsa folle e un po’ grottesca, sullo sfondo delle cartoline delle vacanze (a proposito, non dimenticate di postare la vostra #GreciaPerMe sul profilo Twitter de La Stampa) dove all’immagine mitica e mitizzata della Grecia si affianca l’irrinunciabile fascinazione francese per il giacobino di turno, in questo caso Alexis Tsipras. In realtà il volto quasi sempre sorridente del primo ministro greco non è che un punchball dove si scaricano i colpi di una durissima battaglia politica interna. Ognuno prende posizione in vista delle presidenziali 2017 che si annunciano come la madre di tutte le battaglie politiche francesi. In questi giorni è ricomparso persino Michel Houellebecq, dopo i giorni terribili di Charlie. E l’autore di Soumission, come d’abitudine, in un’intervista alla Revue des Deux Mondes, non ha fatto mancare la sua stilettata, timbrando il premier Manuel Valls con un «deficiente».
In realtà l’uso improprio della Grecia in funzione di politica interna non è solo francese. In Germania l’adesione del leader socialdemocratico Sigmar Gabriel alla linea di Angela Merkel ha provocato qualche rottura dentro la Spd. Ma Gabriel è vicecancelliere nel governo di grande coalizione, sa che il sentimento dominante dell’elettore tedesco non è certo tenero con la Grecia e anche lui fa i suoi conti elettorali.
In Italia Matteo Renzi, assediato da destra e da sinistra da un inedito festival degli opposti estremismi, ha tenuto una linea centrale, sostanzialmente filo-Merkel, ma pronto ad allinearsi subito all’ottimismo di François Hollande, pronosticando addirittura l’accordo prima di domenica. Salvini, Brunetta, Grillo, Vendola, la sinistra Pd con Fassina sono un plotone di esecuzione pronto al fuoco per far scivolare il governo sulla banana greca.
È vero, come dice il politologo francese Marc Lazar, che per la sinistra riformista europea è arrivato il momento di una riflessione approfondita su democrazia, politica economica, modello di crescita, lavoro, società e in definitiva a quali elettori vuole rivolgersi. Il problema è che non c’è traccia di questa riflessione perché resa impossibile dal fatto che ognuno si muove tatticamente in funzione della propria battaglia politica nazionale.
Torniamo in Francia, che per l’attivismo di Hollande in questi ultimi giorni si sta affermando come la protagonista della mediazione possibile tra Merkel e Tsipras. Ora, si sa benissimo, per convergenti e confermati retroscena di Consiglio europeo, che il Presidente francese non ha nessuna simpatia personale né stima politica per il primo ministro greco. Perché allora tanto attivismo? Perché Hollande e il suo governo hanno bisogno di riguadagnare credito a sinistra, avendo verdi e ultragauche all’opposizione dichiarata e una consistente ala di «frondeurs» nel Ps sempre sul limite della rottura per la politica economica di Manuel Valls giudicata troppo di destra e «liberale». E così l’Eliseo ha inviato persino qualche consigliere economico per aiutare Tsipras a confezionare un piano accettabile dall’Eurogruppo. La riconquista di una leadership che sappia di sinistra vale bene una «messa» con Syriza.
Sarkozy ha il problema opposto, quello di una leadership di destra, distinguendosi da Marine Le Pen, opportunista fan di Tsipras in funzione anti Merkel-Bruxelles. Con il Front, però, l’ex Presidente, ormai scatenato nella corsa alla riconquista dell’Eliseo, condivide (senza dirlo) le posizioni su immigrazione e sicurezza. E allora nella partita greca punta tutto su un elettorato d’ordine, che preferirebbe (ma chissà se è vero) la solidità del vecchio asse con la Germania all’avventurismo della banda filo Tsipras.
Giochi d’azzardo sulla pelle - anche questi - dell’Unione europea, per i quali le previsioni sui flussi turistici dell’estate greca appaiono come una parabola aneddotica. Se si annuncia la corsa dei francesi alle isole dell’Egeo, è già una realtà la ritirata di tedeschi e scandinavi: cinquantamila disdette negli ultimi giorni. «Nessuna voglia di prendermi in faccia i pomodori dei greci», ha detto un intervistato nell’inchiesta della Reuters. E come dargli torto?