venerdì 10 luglio 2015

La Stampa 10.7.15
Cina, il governo ferma il crollo
Borse in rialzo dopo i giorni del panico: Shanghai +5,8%
Pechino indaga sulle speculazioni
Le misure lanciate da Pechino per fermare lo scivolone delle Borse hanno avuto l’effetto desiderato
di Ilaria Maria Sala


Borse asiatiche in rialzo, come era prevedibile: gli indici di Shanghai (+5,8%), Shenzhen (+4,25%) e anche quello della Speciale Regione Amministrativa (Sar) di Hong Kong (+3,7%) hanno chiuso recuperando quasi interamente le perdite di mercoledì. Cifre che non rivelano però che l’atmosfera, ora, è tutta un’altra rispetto a pochi giorni fa: i piccoli investitori, milioni di persone che si erano avvicinate al mercato azionario come se fossero stati tavoli dei casinò di Macao, sono rimasti scottati, perdendo un fiume di soldi che, in molti casi, erano stati presi a prestito nella frenesia della bolla speculativa. Certo, ora il gossip cinese rivela che tre delle più famose attrici cinesi - Vickie Zhao, Zhang Ziyi e Fang Bingbing - hanno perso «miliardi» in Borsa nelle ultime settimane, ma nel loro caso si tratta di soldi che avevano già, e che erano accompagnati da molti altri milioni.
Volumi ridotti
Anche in questa crisi, dunque, a soffrire davvero sono i piccoli che rischiano il tutto per tutto: come a dire, che non vi è nessuna «particolarità cinese» nel vedere i piccoli investitori perdere anche la camicia.
I volumi di scambio in Borsa, però, sono ormai molto ridotti: quasi i due terzi delle aziende quotate a Shanghai sono state temporaneamente sospese, mentre il governo cinese ha minacciato di gravi conseguenze - fra cui anche la possibilità del carcere - tutti i grossi azionisti che decidono di vendere azioni prima di 6 mesi. L’agenzia Nuova Cina riferisce inoltre che la polizia sta indagando su «speculazioni sospette».
Anche alla Borsa di Shenzhen - una specie di Nasdaq cinese, dove sono scambiati perlopiù titoli tecnologici - la metà delle aziende quotate è congelata, e l’aumento registrato alla chiusura delle contrattazioni di nuovo rappresenta poco, se non la determinazione di Pechino di non rischiare la stabilità sociale per un pugno di trilioni in Borsa.
In campo è stato messo un intervento statale di dimensioni tali da bloccare praticamente le vendite, e quindi, i mercati avrebbero potuto solo salire. E così hanno fatto.
Il rimbalzo
Forte di tanto sostegno istituzionale a Shanghai, anche Hong Kong ha reagito recuperando parte delle perdite di mercoledì, e cercando profitti in un mercato azionario un po’ meno irrazionale di quello cinese: chiusura in rialzo del 3,7% dunque per l’Hang Seng Index, che ha terminato la giornata a 24.392 punti.
Il nodo delle misure
Resta da vedere fino a quando questo tipo di misure potranno essere mantenute, dato che finora non fanno altro che ritardare il momento in cui i mercati finanziari ricominceranno a rappresentare la realtà economica, dalla quale sono stati del tutto separati per l’ultimo anno e mezzo.
Mentre l’economia cinese rallenta, e mostra una fragilità maggiore del previsto, i mercati erano in preda ad un’ebbrezza speculativa senza precedenti locali. E per quanto molti amino oggi ripetere che vi sono in Cina più trader di Borsa che non membri del Partito Comunista, ci si dimentica che molto spesso le due categorie sono in realtà una sola - ovvero, che molti degli operatori di Borsa sono membri del Partito. E il Partito ha detto, chiaro e tondo, che le azioni non possono continuare a crollare. Per il momento, ha saputo imporsi, al costo di screditare le Borse cinesi.