«Io rispetto le leggi europee. Ma ci sono momenti in cui il diritto degli uomini prevale sulla legge. Questo è uno di quei momenti»
Repubblica 9.7.15
L’ultima sfida di Alexis “Noi cavie dell’austerità soldi finiti alle banche” e alla fine cita Sofocle
di Andrea Bonanni
STRASBURGO. Per conquistare il Parlamento europeo Alexis Tsipras ha scelto di indossare i nobili panni di Antigone. «Io rispetto le leggi europee. Ma ci sono momenti in cui il diritto degli uomini prevale sulla legge. Questo è uno di quei momenti», ha detto citando l’eroina di Sofocle. Una metafora per spiegare come le sofferenze del popolo greco valgano più dei parametri di Bruxelles. Ma, poiché l’indole delle persone può essere nobilitata solo fino ad un certo punto prima di tradirsi, il premier greco ha cominciato la sua giornata a Strasburgo con un passo falso: arrivando in ritardo nell’emiciclo gremito dove compagni dell’estrema sinistra e camerati dell’estrema destra lo aspettavano come fosse una superstar.
Il film di questa seduta di autocoscienza europea sulla crisi greca comincia subito dopo le 8,30 di mattina. Nell’aula affollata gli eurodeputati sentono il brivido delle grandi occasioni. Sull’estrema destra e sull’estrema sinistra dell’emiciclo, i banchi sono fioriti di cartelli bianchi con le scritte rosse: “NO” e “OXI”. Sotto uno di questi, il leader dell’estrema destra britannica Nigel Farage ride, forse divertito di trovarsi per una volta in sintonia con i dirimpettai del Gue, la “sinistra unitaria”, che di solito gli riservano solo pernacchie. Si aspetta Tsipras, che non arriva. Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, e il suo vice Frans Timmermans sono già seduti ai loro banchi e fumano di rabbia. Arrivano il presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, accompagnato dal premier del Lussemburgo, che ha la presidenza di turno dell’Ue. Non se li fila nessuno. Un capannello di tifosi del leader greco, tra cui spiccano alcune “groupies” per la verità un po’ attempate, rompe il protocollo restando ad attendere il beniamino all’ingresso dell’aula.
Quando finalmente Tsipras arriva, accompagnato come vuole il protocollo dal presidente del Parlamento Martin Schulz tutto rosso per l’imbarazzo del ritardo, i fan esplodono in un applauso liberatorio. Baci (dalle signore), abbracci, pacche sulle spalle. Un po’ di «buuu» che risuonano dai banchi dei popolari tedeschi, per i quali il ritardo è una colpa poco inferiore al debito. Ma l’entusiamo dei supporter è travolgente. La festa continua anche dopo che il premier, abito blu, camicia bianca senza cravatta, cronometro svizzero al polso, è andato a sedersi subito dietro Tusk, al banco numero 23. Il ritardo si accumula. Se gli sguardi potessero uccidere, quelli che Schulz, Juncker, Timmermans e Tusk dirigono verso il banco 23 avrebbero già risolto la crisi greca alla radice. Schulz rompe gli indugi e comincia a parlare mentre ancora c’è gente che sta baciando il premier greco.
Il discorso di Tsipras è insieme appassionato ed equilibrato. Evoca i disastri provocati dall’austerità: «Siamo stati la cavia di un esperimento che non ha funzionato». Riconosce che i mali del suo Paese non sono colpa degli europei ma dei precedenti governi greci». Spiega che i soldi del prestito hanno beneficiato le banche e non la gente. Denuncia i negoziati «a porte chiuse». Chiede comprensione. Chiede aiuto. Promette un programma dettagliato di riforme. Ma rivendica il diritto sovrano di decidere come raggiungere gli obiettivi di bilancio. Esclude di avere un piano per uscire dall’euro. Però insiste sulla necessità di discutere una ristrutturazione del debito greco, «proprio perché vogliamo essere in grado di pagarlo ». Molti applausi, dalle estreme dell’emiciclo, interrompono la sua arringa, che si chiude su un’ovazione finale.
Le repliche dei gruppi politici sono altrettanto accalorate. Durissimo il leader dei popolari, il tedesco Weber: «Lei ha distrutto la fiducia dell’Europa e ora i debiti che non vuol rimborsare saranno pagati dalle infermiere slovacche e dagli impiegati finlandesi ». Solidale il capo dei socialisti europei Gianni Pittella: «Per noi un’Europa senza la Grecia non esiste. I socialisti non accetteranno mai un’uscita della Grecia dalla moneta unica». Sferzante il rappresentante dei liberali, Verhofstadt: «Promettete riforme ma ancora non abbiamo visto nulla: dovete tagliare i privilegi agli armatori, ai generali, alla Chiesa e ai partiti». L’estrema destra, da Le Pen, a Farage a Salvini lo elogia ma lo invita ad andare fino in fondo e a lasciare l’euro. Anche Juncker è duro nella sua risposta: «Un accordo era a portata di mano e avete rotto le trattative». E accusa Tsipras di approfittare proprio dei negoziati a porte chiuse per mentire sulle vere proposte della Commissione.
L’operazione di seduzione del premier greco è riuscita, ma solo fino ad un certo punto. Nella replica, forse anche per difendersi dalle molte accuse, Tsipras cita l’Antigone e la prevalenza dei diritti naturali sulle leggi degli uomini. Poi lascia l’aula. Forse dimentico che, nella tragedia di Sofocle, l’eroina muore suicida poco prima che il tiranno si decida a liberarla. Speriamo che non sia un presagio.