il Fatto 11.7.15
La guerra narrata dalla Pinotti
risponde Furio Colombo
CARO COLOMBO, sono stato colto di sorpresa da una dichiarazione del ministro della Difesa Roberta Pinotti. Ha detto: “Non è vero che l’Isis sta vincendo. Abbiamo bisogno di una contro-narrazione”. Che cos’è, un’arma segreta?
FERRUCCIO
È UN LINGUAGGIO alla moda che, al di fuori della critica letteraria, non ha alcun significato. Infatti sia la “narrazione” (molto ben fatta e molto raccapricciante) del Califfato, sia la contro-narrazione burocratica a cui pensa di dare vita la Pinotti, non contano niente. Ciò che conta è se l’Iraq riuscirà a riprendere Ramadi o se Kobane resterà in mano ai curdi. Il resto si chiama propaganda. Più serio invece è ciò che la Pinotti dice sul “come fare la guerra del Mediterraneo”, quella che a lei sta a cuore. È vero che la Pinotti è, lei stessa, autrice di una deliberata confusione. Certe volte parla di sommergibili, certe volte no. Può capitare che parli di “distruggere” (ma cambia i verbi facilmente), alterna fatti decisi e approvati (il Consiglio dei ministri italiano ha dato il via alla strana operazione EUnavfor) a una solidarietà vacua e inconsistente (il sì dell’Ue), ad attese lontane (il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, che non ha mai esaminato il caso) e a ben quattro diversi consensi di quattro separati punti di forza o di diverso governo, in Libia. Ma ogni volta l’intrepida ministro rimette la sua macchinetta degli eventi al presente e racconta come se fosse sul punto di aprire il fuoco. Per esempio (“Messaggero”, 6 luglio) la sorprendi a dire che si comincerà “con il dispiegamento delle navi e la raccolta di informazioni sulle imbarcazioni e le rotte degli scafisti”. Detto così, si direbbe che sono stati del tutto inutili anni di esperienza e conoscenza del fenomeno, inclusa l'iniziativa “Mare Nostrum” che, per salvare migliaia di migranti (come ha fatto) doveva sapere molto delle imbarcazioni e delle
rotte. Ma sentite la narrazione della Pinotti: “Le fasi ulteriori prevedono azioni di contrasto, con la possibilità di fermare i barconi in mare e individuare i luoghi di raccolta dei migranti”. Vengono cioè indicati 3 obiettivi diversi e non compatibili. “Contrasto” in gergo militare vuol dire impedire, dunque sparare. “Fermare” vuol dire prendere tempo per decidere se affondare o salvare. “Individuare i luoghi di raccolto dei migranti” vuol dire un lavoro di intelligence che non può non essere stato già fatto (da anni), e che è impossibile svolgere in alto mare mentre si confrontano una nave da guerra e un gommone. C’è una ragione per tutto ciò? Certo che c’è e il ministro lo narra con parole chiare e commosse: “Noi non possiamo accettare che gli scafisti sfruttino il dolore delle persone, guadagnando proventi altissimi impiegati poi chissà come” (accenno al rapporto fra scafisti e terrorismo). I dubbi che non si tratti di una vera guerra vengono subito fugati: “Impiegheremo droni, elicotteri, la portaerei Cavour. Ci sono una nave britannica, due tedesche, altri assetti di altre nazioni. Uomini e mezzi”. Poi abbiamo le risposte che contano: no, dalla Libia non abbiamo risposte ma occorre che ci sia presto la firma di tutte le parti. Sulla preparazione di intelligence la risposta è ovvia e semplice: È materia riservata. Altri obiettivi? La protezione dei nostri natanti e delle piattaforme petrolifere. Solo a questo punto viene fuori, nel giusto contesto, il numero di soldati: 7300 militari per la sicurezza interna ed esterna. Resta un vuoto, in questa e in ogni altra intervista: come si “contrastano” gli scafisti, senza mandare a fondo i migranti? E c’è proprio da essere così fieri che il comando di questa operazione, che non potrà essere senza vittime, sia stato affidato all’Italia?