martedì 7 luglio 2015

Corriere 7.7.15
Neutralità alla prova La Svizzera in due guerre
risponde Sergio Romano


In una via centrale di Bellinzona, capitale del Canton Ticino (Svizzera), c’è un monumento dedicato «Ai suoi figli morti in servizio della Patria il Ticino riconoscente». Alla base del monumento sono riportati da un lato un centinaio di nomi di caduti nel periodo 1914/1918, dall’altro lato i nomi di caduti nel periodo 1939/1945, con il comune di provenienza o di nascita. La Svizzera è stata neutrale in entrambi i conflitti mondiali. Erano soldati? Dove avevano combattuto ed erano caduti? Sono al corrente che la Svizzera nel Secondo conflitto mondiale ha avuto qualche vittima di bombardamenti aerei errati destinati al territorio tedesco, nei Cantoni contigui alla Germania, ma la presenza di tanti morti ticinesi mi lascia perplesso. E certamente il monumento non ha pertinenza con la Prima guerra mondiale.
Corrado Mancini

Caro Mancini,
Non conosco altri monumenti, ma a Sciaffusa, città della Svizzera settentrionale, vi è stata nel luglio del 2014 una cerimonia civile e militare per ricordare, nel centesimo anniversario dell’inizio della Grande guerra, i 1.800 soldati svizzeri morti durante il conflitto. Le cause, generalmente, furono malattie contratte durante il servizio, incidenti occorsi durante le esercitazioni e l’esplosione della febbre spagnola che imperversò in numerosi Paesi negli ultimi mesi della guerra. I morti ricordati nel monumento di Bellinzona e nella cerimonia di Sciaffusa non avevano combattuto, ma appartenevano a un corpo di 480.000 uomini mobilitati allo scoppio della guerra per presidiare le frontiere e fare fronte a qualsiasi violazione del territorio nazionale. Gli svizzeri non potevano ignorare che la guerra, sul fronte occidentale, era cominciata con la violazione tedesca della neutralità belga. E sapevano con quale durezza le forze armate del Secondo Reich avevano reagito a qualsiasi tentativo di resistenza.
Per la Svizzera, caro Mancini, quegli anni furono una prova d’esame. La neutralità del Paese era stata formalmente riconosciuta dalle grandi potenze a Vienna nel 1815, ma la Svizzera non era mai stata esposta negli anni seguenti all’esperienza di una guerra che avrebbe coinvolto e diviso l’intero continente. La tenuta della neutralità, nelle nuove circostanze di una guerra mondiale, non era soltanto un problema militare, legato ai piani strategici delle potenze combattenti. Era anche un problema svizzero. Quali sarebbero state le ripercussioni del conflitto sulla coesione dello Stato elvetico? In una intervista al Corriere del Ticino del luglio 2014, uno storico dell’Università di Ginevra, Mauro Cerutti, ricorda che esisteva un potenziale conflitto fra le simpatie filo-tedesche dei cantoni della Svizzera alemanna e le simpatie filo-italiane e filo-francesi del Ticino e dei cantoni romandi. I primi ammiravano la Germania, la sua straordinaria vitalità economica e scientifica, le sue formidabili capacità organizzative. Nei secondi, soprattutto dopo l’invasione del Belgio, esistevano correnti che parteggiavano per la Francia e, dopo il 24 maggio 1915, per l’Italia. Ma il governo tenne dritta la barra del timone e attraversò la tempeste senza rinunciare a un valore, la neutralità, che sarebbe diventato un tratto distintivo della identità nazionale.
Durante la Seconda guerra mondiale, la coesione svizzera corse meno pericoli. Il nazionalismo fascista non piaceva alla maggioranza dei ticinesi. Nei cantoni di lingua tedesca vi furono alcuni gruppi filo-tedeschi, ma alquanto marginali e irrilevanti.