Repubblica 24.6.15
Più tasse per tutti per salvare Atene
di Alberto Bisin
LA GRECIA è ormai da qualche mese sull’orlo di una crisi di liquidità e il governo fa promesse di comportamento fiscale responsabile che sa di non potere e nemmeno volere mantenere. Gli organismi internazionali fingono di crederci.
DANNO un calcio alla lattina per prender tempo e evitare di avere i greci in piazza (con qualche differenza: il Fondo più riluttante, la Commissione europea più accondiscendente, carezza di Juncker a Tsipras inclusa). I greci continuano a ritirare i depositi presso le proprie banche, da tenere in Germania o anche sotto il letto, miliardo dopo miliardo sempre più rapidamente. Tutto questo costringe la Bce a continuare ad estendere liquidità al sistema bancario greco che senza di essa sarebbe crollato da tempo in un buco nero da cui non potrebbe essersi risollevato senza controlli di capitale o altre misure estreme di questo tipo. I greci smettono anche di pagare i debiti, quelli personali privati, non il debito pubblico. Le imprese (così come il settore pubblico) rallentano nel pagare i debiti commerciali. E lo stesso fanno i privati cittadini con mutui e anche con piccoli prestiti a consumo e servizi durevoli. E naturalmente entrambi, imprese e cittadini, evitano il fisco (che ha raccolto un miliardo di euro in meno rispetto alle aspettative solo a maggio). I mercati finanziari internazionali invece respirano, che loro dalla Grecia sono fuori da tempo, avendo mollato tutto il debito agli organismi internazionali. E poi i mercati hanno orizzonti di ore e quindi a loro il calcio alla lattina serve, fino al prossimo attacco isterico.
L’accordo (o meglio, l’accordo ad accordarsi) che si profila è una decisione di non decidere fondamentalmente perché è chiaro a chiunque voglia osservare la situazione che la crisi di liquidità che attanaglia la Grecia in queste ore è in realtà una manifestazione di emergenza di una ben più fondamentale crisi di insolvenza. Se distinguere illiquidità ed insolvenza è in generale operazione complessa, il caso della Grecia era evidente da tempo. Tutti gli indicatori, certamente già nel 2010, puntavano in quella direzione: il rapporto debito/ Pil, la percentuale del debito in mano straniera, la bilancia dei pagamenti esteri, il disavanzo primario, la produttività totale dei fattori, la crescita economica. Tutti. Gli organismi internazionali tuttavia da allora agiscono essenzialmente come se dovessero affrontare solamente una crisi di liquidità. Questo in parte perché l’orizzonte breve non è caratteristica solo dei mercati ma anche della politica. Ma in parte anche perché gli statuti degli organismi internazionali in generale tendono ad impedire interventi in caso di insolvenza.
Tutti sanno della falsificazione contabile ad opera del governo greco scoperta nel 2009. Pochi sanno però che, concordemente con l’attitudine dell’Unione europea sulla questione, il Fondo monetario internazionale nel 2010 cambiò in corsa le regole nel proprio statuto a riguardo dei prestiti a Paesi in crisi e massaggiò le previsioni dei propri modelli per far sì che essi producessero probabilità di default della Grecia molto più basse di quelle reali e per far sì di conseguenza che un prestito a condizioni favorevoli fosse possibile secondo i (nuovi, ben più laschi) regolamenti. (A tutto questo riferisce un documento del Fondo monetario stesso del 2013).
Sin dall’inizio quindi la situazione della Grecia è stata affrontata come fosse un’emergenza, senza una visione di lungo periodo. Si potrebbe pensare che poco importi, che comunque l’implosione della Grecia e la possibile conseguente estensione sistemica della crisi al resto dell’Europa sia stata evitata. Questa è una interpretazione plausibile dei fatti Ma solo parziale. Uno dei principali effetti di questo comportamento, dar calci alla lattina ogni qual volta si renda necessario per una emergenza di liquidità, è stato di far confluire agli organismi internazionali (e quindi alla fiscalità dei loro Paesi membri) essenzialmente tutta la situazione debitoria della Grecia precedentemente in mano ai privati. Un gran regalo alle banche dell’Eurozona (e non solo), quindi, e la trasformazione di una difficile situazione economica in una questione meramente politica.
Di qui la perdita di quel po’ di effetto stabilizzatore che i mercati privati possono avere, attraverso un aumento dei tassi all’indebitamento ad esempio. E l’apertura a comportamenti strategici poco concilianti da parte dei greci, dall’elezione di un governo che dichiara di voler buttare all’aria i tavoli, al flirt di questo stesso governo con la Russia di Putin. Molto più difficile ora dare un taglio alla situazione, anche se è vero che la crisi sistemica è probabilmente non più una seria minaccia. Impossibile dire come finirà, ma probabilmente con un lungo stallo dell’economia della Grecia e naturalmente più tasse per tutti, greci e non greci.