mercoledì 24 giugno 2015

Repubblica 24.6.15
Le carovane di bici lungo i confini della Macedonia
Viaggiano con due ruote da 150 euro per le quali pagano anche più del doppio
di Fabio Tonacci


Pedalano verso un orizzonte che chiamano Europa. Con i bambini legati sul portapacchi e i sacchi dei vestiti appesi in qualche modo al telaio. In due, in tre su una bicicletta. Da soli, o in gruppi di dieci, venti, trenta profughi. In fila indiana, con i camion che sfrecciano a mezzo metro dal gomito. Dovunque esso sia, quell’orizzonte, dietro quale montagna della Macedonia si nasconda, lo raggiungeranno. Spingendo sui pedali. In fuga da una vita.
Si viaggia anche così, sulla rotta balcanica che attraversa Grecia, Macedonia, Serbia e finisce muri permettendo - in Ungheria. In sella a bici che i migranti comprano dai negozianti locali greci e macedoni a 500 euro, quando costerebbero non più di 150-200. Disperati che sfruttano disperati. Il grande flusso di siriani, afgani, iracheni, pachistani, sbarcati coi gommoni sulle isole del turismo greco nel mar Egeo, non si ferma ad Atene. Tutti, o quasi, puntano alla Germania, alla Francia, ai Paesi scandinavi. Ma il governo greco, nel tentativo di bloccare l’onda, ha vietato a chi non fa richiesta d’asilo l’utilizzo di mezzi pubblici nelle province di Kilkis e Policastro, zona di passaggio per scavalcare il confine macedone. La polizia presidia i distributori di benzina, per beccare i trafficanti con i camion. E allora i profughi li vedi camminare esausti, seguire pericolosamente i binari delle ferrovie, li vedi in bicicletta. Percorrono la statale a fianco della autostrada E75, oppure la 65 che passa vicino a Kilkis.
«Sessantamila persone sono entrate illegalmente in Ungheria dall’inizio dell’anno — spiega Ariana Vassiliki, dell’Unhcr — passando dalla Serbia. Sulla rotta balcanica sono esposte a rischi enormi». Come essere rapiti da bande di criminali nel nord della Macedonia o picchiati dalla polizia di Skopie, come alcune donne siriane hanno dichiarato. «Non abbiamo conferme ufficiali di questo, ma siamo preoccupati per i bambini e le donne».
La frontiera greca viene superata grazie ai passeurs . Ma una volta di là, la Serbia è ancora lontana. Le bici sono noleggiate o comprate nella cittadina di Demir Kapija, poi tocca pedalare lungo i 111 chilometri di autostrada fino al borgo industriale di Kumanovo, dormire sotto i ponti o in baracche vuote, arrangiarsi. Fino a una settimana fa anche il governo macedone impediva l’uso di pullman e taxi. Adesso hanno introdotto una norma che impone loro di abbandonare il paese entro 72 ore, alla scadenza delle quali o fanno richiesta d’asilo, o vengono deportati. Risultato? Sono iniziati gli assalti ai treni.