martedì 23 giugno 2015

Repubblica 23.6.15
“Intellettuali tornate a battervi per i diritti”
L’attacco dello scrittore Edmund White “Dai migranti ai gay:poche voci sui grandi temi”
intervista di Antonello Guerrera


«SA chi è il più grande nemico del nostro tempo? Lo spiega la scrittrice croata Dasa Drndic nel suo ultimoromanzo Trieste . Il più grande nemico del nostro tempo è il “passante innocente”. E cioè quella persona che resta impassibile di fronte ai diritti umani e alle tragedie più atroci, come quelle dei migranti. Per i quali, una volta affogati, basta un giorno di superficiale lutto collettivo. Poi tutto torna a una normalità imbarazzante».
Soave omone di 75 anni liberi e fieri, Edmund White è uno dei più grandi autori americani viventi. E da una settimana soggiorna con il suo giovane marito in una casetta di Trastevere, a Roma, dove è stato ospite del Festival “Letterature”. Ora però, dopo aver combattuto per decenni l’omofobia con la sua letteratura, è turbato dall’egoismo che sta contagiando l’Europa — «unita solo da una moneta, non da un’anima» — e soprattutto la sua Francia. Dove ha vissuto a lungo e concepito, dopo il primo successo Un ragazzo americano (Playground), buona parte della sua bibliografia più raffinata, come i saggi su Genet, Rimbaud e Proust. Ma «se Parigi sbarra le frontiere e rinnega Schengen non stupisce».
Perché, signor White?
«Perché forse adesso l’egoismo latente dei francesi è emerso in maniera evidente. Ma questo, purtroppo, è legato anche agli attuali problemi sociali ed economici, come la disoccupazione oltre il 10 per cento. E quindi le classi più povere si sentono minacciate da un afflusso così massiccio di migranti. Mentre la politica sta a guardare e spopolano personaggi come la Le Pen».
Giorni fa un articolo del Nyt, parlando dell’emergenza migranti, iniziava con il racconto della nave St. Louis, stracolma di ebrei in fuga da Hitler che nel 1939 furono respinti dall’America e poi, in gran parte, sterminati in Europa. Un giorno ci pentiremo anche noi delle frontiere serrate?
«Probabilmente sì. Ma magari molti reagiranno come ha fatto con me qualche tempo fa il figlio di una massima autorità della New York degli anni Trenta. Parlavamo proprio della St. Louis e lui, difendendo il padre, mi disse: “Ma no, molti ebrei che rispedimmo indietro si salvarono comunque, chi te lo dice che siano stati ammazzati?”. Un altro “passante innocente” ».
E gli intellettuali cosa fanno?
«Niente. Sono passivi. Con il collasso del comunismo, non c’è ancora stato un vero movimento transnazionale, influente anche sui diritti umani. E nel frattempo, sotto il tessuto della globalizzazione e dei nuovi media, è avanzata una disintegrazione costante degli studi e degli intellettuali. Per esempio a Princeton, dove ho insegnato a lungo, non riesco quasi più a parlare con i miei colleghi: ognuno è specializzato in un tema, nessuno pensa più in generale, ai grandi temi del mondo. E lo stesso sta capitando anche nella galassia intellettuale più alta. Non a caso, noto che sempre più scrittori americani preferiscono la narrativa alla saggistica ».
E come mai?
«Perché oramai esprimere e pubblicare idee è sempre più difficile. Soprattutto in America, c’è un politically correct asfissiante, una censura dal volto buono che ti tortura. Per questo ci sono sempre più romanzi: nell’universo della narrativa sei meno responsabile perché fai parlare i personaggi, come si faceva secoli fa. E molti autori giovani mi sembrano stupidi».
Addirittura.
«Sì. Sia chiaro, ce ne sono di bravissimi, vedi Chimamanda Ngozi Adichie. Ma molti mi sembrano costruiti dalle case editrici, che li modellano a loro piacimento dietro anticipi assurdi. Se gli chiedessi dei diritti umani, molti di questi scrittori farebbero scena muta. Quelli che protestano contro il Pen che premia Charlie Hebdo non hanno capito niente della libertà di espressione. Che classe intellettuale stiamo formando?».
Almeno però, nel campo dei diritti gay, gli intellettuali si espongono di più. E forse anche per questo il movimento omosessuale ha ottenuto grandi vittorie negli ultimi tempi, basti pensare all’ultimo storico referendum sui matrimoni gay in Irlanda. Qual è stata la svolta?
«È una vittoria che viene da lontano. Certo, non bisogna mai dimenticare che siamo solo all’inizio. In Africa, per esempio, ancora oggi due uomini che si baciano possono essere giustiziati. Per fortuna in Occidente le cose sono cambiate, soprattutto da quando noi omosessuali ci siamo convertiti alla quotidianità. All’inizio, per l’uomo etero comune, eravamo troppo liberi, troppo contenti, “tutti ricchi”. E quindi ci odiavano. Ora, invece, hanno capito che gli omosessuali vogliono solo una casa, una famiglia, una vita ordinaria, tranquilla, faticosa, come tutti. Da quel momento, sempre più persone ci hanno accettato. La svolta è stata questa. Essere come loro. Una vera integrazione».