sabato 20 giugno 2015

La Stampa 20.6.15
Renzi: metto la fiducia per assumere i professori
Braccio di ferro sulla scuola. Corsa sulla riforma del Senato e sulla Rai
di Carlo Bertini


Il dado è tratto: dopo la minaccia di rinviare tutto di un anno, Renzi decide di consumare lo strappo, cioè un voto di fiducia sulla riforma della scuola che all’inizio del percorso aveva rinunciato a presentare per decreto, proprio per coinvolgere al massimo tutti i protagonisti. «Non risulta però una contrarietà del Colle sulla fiducia», dice uno dei suoi uomini. Dunque da lunedì sulla scuola si corre e siccome le opposizioni non sono disposte a ritirare centinaia di emendamenti, si arriverà in aula senza il voto della commissione. Dopo un accordo con la minoranza Pd la prossima settimana sarà posta la fiducia da votare entro venerdì in aula: su un maxiemendamento del governo che recepirà solo alcune delle modifiche chieste dalla sinistra sulla valutazione degli insegnanti e il ruolo dei presidi.
La doppia fiducia
Uno strappo che consentirà di bypassare l’ostruzionismo e che permetterà di chiudere la partita alla Camera: dove la riforma tornerà per il timbro finale la prima settimana di luglio, molto probabilmente con un’altra fiducia. A quel punto potrà partire la complicata pratica delle assunzioni dei 100 mila precari, da realizzare in un mese e mezzo. Uno strappo che congela con un «contrordine compagni», la conferenza di luglio sulla scuola annunciata da Vespa. E che matura dopo la minaccia di scaricare sulla sinistra e sui grillini la rabbia dei precari che non vedessero coronata la promessa di essere assunti per colpa di una valanga di emendamenti. Sel denuncia «l’imbroglio», i 5stelle non cedono «al ricatto», la Camusso si indigna, alzano il dito pure quelli di Scelta civica per non esser stati consultati e la minoranza Pd si divide. Quella più collaborativa non si oppone, «si può trovare un migliore equilibrio per l’assunzione dei precari ed evitare la fiducia, ma noi al dunque non neghiamo mai il voto al governo», dice Damiano. La sinistra più radicale è furibonda: Mineo avvisa Renzi che senza i voti di Verdini potrebbe non farcela. Fassina apprezza che verranno assunti i precari, ma «è un grave errore approvare un testo senza la condivisione del mondo della scuola». E gira voce che dopo questo passaggio voglia dimettersi dal Pd e perfino dal Parlamento.
Alle nove di mattina il premier dunque riunisce una decina di parlamentari Pd, la Giannini e i capigruppo. Ai quali fa un discorso di questo tenore: «Io ho forzato sul ministero per avviare le procedure oltre il tempo limite, voi riuscite a stringere il numero di emendamenti e a fare un lavoro che consenta di andare a una stretta più forte in aula, chiudendo anche con la minoranza, accettando alcune richieste senza distruggere il testo?». Risposta scontata e tutti all’opera, già si tratta sul maxiemendamento.
L’allarme e la road map
Ma dopo lo stop delle comunali, Renzi prova il colpo di reni per ripartire: anche sulla Rai vuole chiudere la riforma della governance per varare il nuovo consiglio entro luglio. E vuole portare a casa pure la riforma costituzionale, nelle sue intenzioni va votata entro l’estate per chiudere l’iter entro l’autunno. Perché il premier intende giocarsi la partita del voto alle comunali del 2016 insieme al referendum confermativo sull’abolizione del Senato, per riguadagnare i consensi perduti.
In queste ore è scattato l’allarme: non sono solo i sondaggi pubblici come quelli di ieri ad Agorà, che segnalano rispetto ad una settimana fa un calo del Pd di due punti al 33,8% ma anche quelli riservati, seppure più alti sul 35%, confermano questa discesa, «dovuta essenzialmente al caso Roma», sussurrano gli uomini del premier. Un calo a beneficio di Lega e 5stelle che aumentano un punto ciascuno. Renzi ha ben presente i rischi che corre, «i populisti hanno vinto di nuovo in Danimarca», ha constatato amaro ieri.