martedì 9 giugno 2015

Il Sole 9.6.15
Istruzione
Governo e relatori vanno avanti sull’addio alle classi pollaio e sui limiti alla chiamata diretta dei prof
Poteri dei presidi e valutazione, si cambia
di Eugenio Bruno, Claudio Tucci


ROMA Alle parole del premier Matteo Renzi stanno per seguire i fatti. Almeno sulla riforma della scuola. I «punti di equilibrio» che il presidente del Consiglio ha annunciato sabato scorso a Genova e ribadito ieri durante la direzione del Pd prenderanno forma nelle prossime ore. Magari pescando tra i 2.200 emendamenti che sono stati depositati la settimana scorsa e a costo di prendersi «15-20 giorni in più» per l’approvazione del disegno di legge. Nell’ottica di dare un segnale ai docenti che continuano a manifestare (come dimostra il sit-in di protesta di ieri sera all’esterno del Nazareno, ndr) e alla minoranza interna che a Palazzo Madama potrebbe essere decisiva, specialmente in commissione Istruzione.
Una prima modifica dovrebbe riguardare la chiamata diretta dei prof. I docenti dell’autonomia chiamati dal preside per potenziare le attività e la didattica saranno confermati nell’istituto dove insegnano, anche dopo i tre anni, se non verrà modificato il piano per l’offerta formativa (il Pof) con l’individuazione, per esempio, di nuove priorità (che richiedono altre tipologie di insegnanti).
Potrebbero arrivare dei paletti anche al ruolo del preside: per garantire maggiore terzietà si confermerebbe l’ipotesi di consentire al dirigente al massimo due incarichi triennali nella stessa scuola, poi si dovrebbe ruotare. In pratica il dirigente scolastico non potrebbe restare per più di sei anni nello stesso istituto.
Modifiche in vista anche per la valutazione. Sia dei dirigenti scolastici che dei docenti. I primi vedranno precisati meglio i criteri in base ai quali verranno giudicati dagli ispettori ministeriali in attesa della riforma del sistema nazionale di valutazione. Si terrà conto non solo di come sono stati utilizzati i docenti ma anche della qualità didattica, della limitazione della dispersione scolastica e del tasso di ripetenza e dell’apertura della comunità scolastica al territorio.
Sugli insegnanti invece è all’orizzonte il restyling della composizione del comitato di valutazione che avrà il compito di individuare i criteri per assegnare i soldi in più ai professori meritevoli. Una possibile mediazione potrebbe essere quella di prevedere un aumento della presenza dei docenti nel comitato rispetto ai rappresentanti di genitori e studenti, che non verrebbero però estromessi come auspicato dalle sigle sindacali.
Tra i correttivi a cui stanno lavorando i tecnici del Governo e i relatori del Ddl - Francesca Puglisi (Pd) e Franco Conte (Ap) - c’è poi quello che realizzerà l’addio alle “classi pollaio” annunciato da Renzi a Genova. In quest’ottica si lavora a eliminare le norme della riforma Gelmini che hanno rivisto verso l’alto il numero massimo (28 e più) degli studenti per classe. Allo studio c’è infatti una norma che affiderebbe al ministero dell’Istruzione il compito di redigere un piano pluriennale per ridurre il numero degli studenti in aula.
Un accenno lo meritano infine i tempi per l’esame del provvedimento. Che si sono già allungati rispetto all’idea originaria (trasformare la Buona scuola in legge entro il 15 giugno) e potrebbero allungarsi ancora: «Una capigruppo in settimana deciderà la data in cui il provvedimento dovrà arrivare in aula», ha sottolineato ieri il presidente della commissione, Andrea Marcucci (Pd). Il voto degli emendamenti dovrebbe iniziare oggi, ammesso che arrivi il parere della commissione Bilancio, e a questo punto difficilmente terminerà in settimana. Anche alla luce dei 15-20 giorni in più di disponibilità annunciati dal premier.