mercoledì 10 giugno 2015

Il Sole 10.6.15
La strategia di Tsipras, Giano bifronte
di Vittorio Da Rold


Il caso Grecia sembra essere simile alla famosa tela di Penelope: si disfa di notte quello che si è costruito faticosamente di giorno . Da ultimo nelle trattative tra governo greco e troika (Ue,Bce e Fondo monetario internazionale) sembra essere emersa la possibilità di un’estensione dell’attuale programma in corso dal termine del mese di giugno al marzo 2016, secondo l’usuale sistema europeo di rinviare a quella data tutta una serie di problemi spinosi difficilmente digeribili da un’opinione pubblica nordica ostile a nuovi salvaggi ed esborsi.
Anche la strategia negoziale del premier greco, Alexis Tsipras, è molto difficile da decifrare e non aiuta a superare l’impasse.
Tsipras mostra due volti negoziali, come un Giano bifronte: ad Atene “fa la faccia feroce” e fa discorsi radicali in Parlamento contro i creditori che fanno proposte «irrazionali» o «irricevibili», per tenere unita la maggioranza di governo ed evitare scissioni a sinistra.
Quando, invece, va a trattare a Bruxelles o nelle altre capitali europee, allora sfodera la parte più diplomatica della sua strategia comunicativa e cerca di ammorbidire i toni e di smussare gli angoli delle divisioni con il Brussels Group, il nome nuovo della troika. Un certo disallineamento tra i discorsi rivolti a un pubblico interno e quelli all’esterno sono normali in politica: nel caso greco, però, si va un po’ al di là dello standard .
Si prenda il caso degli obiettivi di avanzo primario di bilancio che ora Atene ha concesso di elevarli leggermente rispetto a quelli precedentemente ipotizzati.
Questa voce rappresenta la differenza tra entrate e uscite prima delle spese per gli interessi sul debito, e secondo la controproposta greca,dovrebbe raggiungere lo 0,75% del Pil quest'anno, l'1,75% nel 2016 e il 2,5 per cento nel 2017. Atene ha ammorbidito nel frattempo le sue posizioni anche sulla riforma dell'Imposta sul valore aggiunto, da cui ora conta di incamerare entrate extra per 1,36 miliardi di euro sul 2016. Una cifra più vicina ma ancora non coincidente con quella richiesta dai creditori internazionali, ossia 1,8 miliardi pari a circa 1 punto di Pil.
Passi in avanti utili che, però, rischiano di essere vanificati dal clima di sfida e di non partnership che le affermazioni di membri dell’esecutivo ellenico fanno trasparire quando parlano soprattutto all’elettorato interno.
Una tattica negoziale simile ad una continua partita a pocker o a una roulette russa, più che a una trattativa, dura e severa, ma svolta tra paesi membri di una stessa unione politico e monetaria.
Le divergenze negoziali, ovviamente, sono legittime e naturali in crisi di questo genere e portata, ma la tensione che portano con sé certe affermazioni, fatte anche per motivazioni di politica interna, lasciano il segno e rischiano di far perdere la fiducia reciproca.
Questo rischio va evitato ad ogni costo da tutti i protagonisti se sivuole davvero raggiungere un compromesso accettabile da entrambe le parti in causaed evitare che la commedia ellenica finisca in tragedia europea. Il vaso di Pandora insegna, che una volta aperto, non si può più richiudere.